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“VENGO DAL CIELO”

L’UNICA COSA NECESSARIA

di Sr. M. Paola Lanzilotti icms

13 maggio 1917, il giorno in cui la terra e il cielo si toccarono in un punto preciso di questo mondo: Fatima.

La Vergine Maria appare a tre bambini rivolgendo loro un messaggio dalla portata universale.

Di dove è Lei?” chiede la pastorella Lucia e la Madonna dà una risposta che potrebbe sembrarci scontata: “Vengo dal cielo” dice. È su queste parole che mi vorrei soffermare per mettere in luce uno dei primi insegnamenti che possiamo trarre delle apparizioni di Fatima, quello sulle realtà eterne, come a dire: c’è molto di più di ciò che possiamo vedere e sperimentare con i nostri sensi! E non stiamo parlando di qualcosa di astratto ma di qualcosa che ci supera e che ci tocca, in verità molto, molto da vicino.

Torniamo al racconto dell’apparizione.

A quelle parole “Vengo dal Cielo” la bambina rispose senza nessun timore con alcune semplici domande: “Cosa vuole da me?” e “Anch’io andrò in cielo?”.

Due frasi che uniscono l’oggi e il domani.

Lucia coglie subito la profondità nascosta dietro quelle prime parole della Madonna e aveva solo 10 anni!  Personalmente resto colpita dalla sua reazione… sicuramente preparata spiritualmente dalle precedenti apparizioni dell’angelo ma anche frutto dell’educazione cristiana ricevuta in famiglia. Pensiamo alla conoscenza della dottrina cattolica dei bambini di oggi: già buono che sappiano fare un segno di croce, che credano nell’esistenza di Dio e conoscano qualche preghiera, ma qui Lucia mostra di conoscere realtà come la vita eterna, il Paradiso, il soprannaturale, con la disposizione interiore a compiere ciò che il Signore vuole!

Lucia si preoccupa immediatamente dell’unica cosa veramente importante: “Andrò in cielo?” e non pensa solo a sé, poco avanti chiederà: “E Giacinta? E Francesco?” e si ricorderà anche di altre sue amiche precedentemente morte.

Esiste qualcosa che può aiutarci nel tempo presente e che ci prepara al futuro compreso quello eterno! È l’unica cosa necessaria… molto spesso dimenticata nel vortice di occupazioni e impegni. Cose anche importanti, cose che non si possono tralasciare molte volte (ma altre si), ma che non possono disperderci! Costantemente fuori di noi, affannati e a fine giornata stanchi, e forse spesso vuoti. Com’è possibile questo? Se non siamo mai stati fermi è comprensibile la stanchezza, ma perché vuoti?

Probabilmente perché non ci siamo spesi per ciò che davvero conta oppure l’abbiamo fatto male. Sono straconvinta che chi si dà da fare per amore, pur senza concedersi tregua, se è nella volontà di Dio e fa ogni cosa con spirito generoso, dimentico di sé e con l’obiettivo di dare gloria al Signore, servire gli altri, salvare la propria anima e quella altrui, beh, allora arriverà alla sera stanco, si, perché umano, ma di una stanchezza che è ben lontana dai mali comuni di oggi: tristezza, depressioni, esaurimenti… Sarà una stanchezza ricca di allegria, di chi si è donato con gioia e vuole consumare nell’amore tutti i suoi giorni. Questo fare riempie e non svuota; questo modo di agire fa circolare l’amore e dona quella pienezza che solo Dio sa dare, molto lontana dal vuoto interiore e conseguente ricerca di riempirlo con piaceri mondani, trappola in cui purtroppo cadono tanti giovani oggi.

Qual è quindi questa cosa necessaria? Quale la radice di questo modo di vivere?

È la vita vissuta in rapporto all’eternità! Questo la rende bella e ricca di senso. Ce lo ricorda la Madonna parlando di cielo e mostrando la luce di Dio ai tre bambini nell’aprire le mani. Non siamo eterni; la vita è un viaggio e chi inizierebbe un viaggio senza avere una meta? La nostra è il cielo! Come dimenticarlo?

Vivere questa dimensione d’eternità dovrebbe essere molto familiare al cristiano che vive in questo mondo ma non è di questo mondo, usa dei beni di quaggiù ma aspira a quelli di lassù, insomma, i piedi per terra ma il cuore in cielo, in Gesù.

Questo impararono i tre pastorelli nell’incontro con la Madonna e questo diede loro la forza di essere fedeli alla promessa che fecero quel giorno, quella di offrirsi a Dio e sopportare tutte le sofferenze che Egli avrebbe mandato in atto di riparazione. Il cristiano vero lo riconosci non dalla perfezione - nessuno è perfetto e immune dal peccato -, lo riconosci dal modo di reagire davanti a ciò che la vita gli mette nel piatto. Certe cose non le improvvisi! C’è bisogno di preparazione ogni giorno con scelte che danno spazio a Dio nelle nostre giornate, disponendoti a lasciarti cambiare. Impariamo a difenderci dagli assalti di tutto ciò che ci trascinerebbe nel vortice del materiale, del superficiale, del puro piacere… un mondo estraneo allo spirito, ai veri valori, al sacrificio vissuto per amore. Ecco il segreto per una vita piena a bella, anche in mezzo alle difficoltà che diventano un modo per dire a Dio che l’amiamo e un qualcosa che possiamo offrire per il bene di tanti fratelli. Tutto acquista senso!

Sia nuovo e santo il nostro pensare!

Sia nuovo e santo il nostro volere!

Belle parole che possono diventare realtà se apprendiamo ogni giorno a alzare lo sguardo, a alzare il cuore perché impari sempre meglio a riposare in Dio e nella missione che Lui ha per ciascuno di noi.

 

 

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