Pillole di SpiritualiTà
La tua preghiera è un discorso con Dio; quando leggi, Dio parla con te; quando preghi, tu parli con Dio. (Sant'Agostino)
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Mentre li benediceva veniva portato verso il cielo
Vangelo
+Dal Vangelo secondo Luca (Lc 24,46-53)
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Così sta scritto: il Cristo patirà e risorgerà dai morti il terzo giorno, e nel suo nome saranno predicati a tutti i popoli la conversione e il perdono dei peccati, cominciando da Gerusalemme. Di questo voi siete testimoni. Ed ecco, io mando su di voi colui che il Padre mio ha promesso; ma voi restate in città, finché non siate rivestiti di potenza dall’alto».
Poi li condusse fuori verso Betània e, alzate le mani, li benedisse. Mentre li benediceva, si staccò da loro e veniva portato su, in cielo. Ed essi si prostrarono davanti a lui; poi tornarono a Gerusalemme con grande gioia e stavano sempre nel tempio lodando Dio.
Parola del Signore.
Spunti di riflessione
Ogni volta che celebriamo la Resurrezione del Signore e poi passano 40 giorni dalla Pasqua, ci troviamo a celebrare una festa “strana”, un po’ imbarazzante sinceramente, perché la festa dell'Ascensione è il momento in cui Gesù se ne va…
Perché dovremmo festeggiare questo momento? Dovrebbe essere qualcosa di estremamente triste sapere che Lui se ne va. Eppure, vedete, in questa Festa c’è la chiave di lettura di tutto. Per riuscire a spiegare, oggi, ciò che il Vangelo ci annuncia, vorrei cercare di lasciarvi un’immagine che possa aiutarvi, nella vostra vita di ogni giorno: vorrei usare questo paragone.
Avete presente quando un bambino è piccolo, ma molto piccolo, così piccolo che ha bisogno di essere portato in braccio? Voi sapete che, quando un bambino nasce, si porta potenzialmente dentro tante cose: ad esempio è potenzialmente capace di parlare, però ancora non parla; potenzialmente capace di camminare, ma ancora non cammina… Ha bisogno di tempo prima di riuscire a fare tutte queste cose. Nel frattempo, è la mamma o il papà che lo aiutano, che fanno le cose per lui.
Penso che a tutti noi sia capitato, qualche volta, di vedere un bambino di due, tre anni quando sta cominciando a camminare. All’inizio, in realtà, non cammina: “gattona” a terra; ma quando comincia a stare in piedi, la madre o il padre lo tengono per le mani e lui prova a camminare, e così si esercita, si sente sicuro, perché sente che la mamma e il papà sono lì, lo tengono. Ha la sensazione fortissima di riuscire a camminare, perché sente che qualcuno gli tiene le mani, lo accompagna.
Ma poi tutti voi sapete che, quando una mamma, un papà, vogliono aiutarlo a fare il passaggio – cioè, riuscire a camminare da solo – fanno un gesto che per il bambino è incomprensibile. La madre o il padre gli lasciano le mani, lo lasciano da solo. E poi sapete che il bambino non vive questa esperienza in maniera felice, perché non si sente più sicuro, non sente di potersi aggrappare a niente.
Ma perché una madre o un padre creano un’assenza, gli lasciano le mani, lo lasciano da solo? Perché, finché non fanno questo gesto, il bambino non tirerà mai fuori la sua capacità di saper camminare da solo. Questa capacità lui ce l’ha dentro, ma soltanto quando la madre e il padre tirano via le mani lui comincia ad accorgersi di avere questa facoltà. Ora, togliamo questo paragone e andiamo alla nostra esperienza di fede.
Gesù fa la stessa cosa con i suoi discepoli, anche con ciascuno di noi. Ci sono dei momenti in cui ci sembra che Dio sia lontano, che Dio non sia. Ci sentiamo soli, non sentiamo che ci tiene la mano, sentiamo che Dio è assente. Questo non va considerato un momento drammatico dentro la nostra vita: in realtà, è una grande dichiarazione di amore di Dio, anche se noi in quel momento lo viviamo malissimo, esattamente come quei bambini. Perché in quel momento il Signore crea un'assenza? Perché in ciascuno di noi si manifesti qualcosa che è seppellito dentro ciascuno di noi. E che cos’è seppellito dentro ciascuno di noi? La caparra dello Spirito Santo: un potere, una potenza, una forza che è sepolta nel nostro cuore e che si manifesta soprattutto quando ci sembra che Dio non ci sia. Ecco, se Gesù non facesse un passo indietro, non potrebbe nemmeno arrivare lo Spirito Santo, non si potrebbe nemmeno manifestare lo Spirito Santo dentro la nostra vita. Il nostro rapporto con Gesù sarebbe soltanto un rapporto di dipendenza, noi saremmo “dipendenti” da Lui, ma Lui non ci vuole dipendenti, ci vuole liberi, esattamente come lo sono i figli. I figli sono liberi, non sono degli schiavi.
Allora, tutte le volte che nella vita ci sembra di essere soli, proprio lì, in quel momento, il Signore è presente nella sua assenza, ha tirato via le mani, ma perché si manifesti con forza la potenza di Dio, la potenza dello Spirito Santo in ciascuno di noi. Ecco perché San Paolo, nella seconda lettura, dice: “a ciascuno di noi, tuttavia, è stata data la grazia secondo la misura del dono di Cristo”. Significa che, proprio in quel momento, dentro ciascuno di noi, si manifesta qualcosa di unico. In quel momento ci accorgiamo, ad esempio, di saper pregare, di saper essere coraggiosi, di saper affrontare ciò che la vita ci riserva.
L'evangelizzazione non è “spiegare Dio agli altri”, ma mostrarlo, farlo vedere. Questi sono gli evangelizzatori. Allora aveva ragione San Francesco quando diceva: andate in tutto il mondo e predicate il Vangelo: e, se proprio necessario, usate anche le parole.
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