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BEATA ANTONIA MESINA

“Eucaristicamente pia, apostolicamente operosa, angelicamente pura”

di Anna Licia Currelli

L’infanzia

Martirio a Orgosolo (ed. PIEMME, 1987) è il libro scritto da Don Giovanni Sanna su Antonia Mesina. Profondo conoscitore di Orgosolo, dove è stato parroco per 23 anni, Don Sanna è stato Postulatore nella causa di beatificazione dal 1973 al 1979 e dal 1979 Vice Postulatore.

Antonia Mesina nacque il 21 giugno 1919 a Orgosolo, un piccolo paese montano della Sardegna, in una famiglia semplice e numerosa. I genitori Agostino Mesina e Grazia Rubanu celebrarono il matrimonio il 10 febbraio 1915 nella chiesa di San Pietro Apostolo in Orgosolo. Era la seconda di dieci figli, cresciuta in un contesto povero, ma ricco di valori religiosi e umani. Visse il lutto per la morte di 3 sorelle e 2 fratelli. 

Fu battezzata il 30 giugno 1919 nella parrocchia di Orgosolo, dal Parroco, il teologo Antonio Paddeu. Le fu dato il nome di Antonia, in ricordo del nonno paterno, e fu messa sotto la protezione del grande Santo di Padova. Per il battesimo la famiglia – come ricorderà la madre nella testimonianza, riportata nella Positio super martyrio –: “abbiamo invitato tutte le famiglie del vicinato e abbiamo fatto grande festa. Il Parroco ha formulato l’augurio di poterla vedere come modello di tutto il paese.”  La celebrazione dei battesimi, infatti, era per tutto il paese di Orgosolo occasione di grande festa per l’intera comunità parrocchiale: vi partecipavano in tanti, specialmente parenti, amici e vicini di casa.

Ricevette la Cresima nella Parrocchia di Orgosolo dalle mani del Vescovo Mons. Luca Canepa, che celebrò una sorta di “crismazione generale”; infatti, sia a causa dell’imperversare, in quegli anni, della febbre spagnola e di altre malattie infettive e micidiali (soprattutto per i bambini), sia per il timore che il Vescovo non potesse tornare entro breve tempo, fu concesso, dallo stesso Vescovo, che, su una popolazione di circa 3000 anime, fossero cresimati 721 fedeli,  tra cui i bambini in tenera età.  

Durante il periodo dell’infanzia, vi furono due momenti di particolare trepidazione e timore per la sopravvivenza di Antonia. A sei anni fu vittima di una gravissima scottatura, dovuta alla caduta di acqua bollente sull’addome e sulle gambe, mentre si trovava vicino al caminetto con il fratello Giulio, che urtò la pentola.

Un anno dopo Antonia fu colpita da una forma grave di morbillo. La nonna, Maria Mesina, incitò alla fiducia e alla speranza, fece la promessa alla Madonna, venerata come N.S. de Gonare, che, se Antonia, per sua intercessione, fosse perfettamente guarita, l’avrebbe condotta al suo Santuario, per esprimere tutta la riconoscenza e la gratitudine. Una volta guarita, sciolse la promessa e portò Antonia al Santuario di N.S. de Gonare, per ringraziare la Madonna dell’ottenuta guarigione. E diceva “Anche questa malattia Antonia l’ha superata, avrà vita e dovrà affrontare ben altre prove e peripezie”.

Al compimento dei 6 anni di età, nell’anno scolastico 1926/27 cominciò a frequentare la scuola elementare. Nello stesso periodo iniziava a seguire il catechismo parrocchiale, per una buona formazione religiosa e anche per un’adeguata preparazione alla Prima Comunione, che, a norma delle disposizioni date dal Papa Pio X, si riceveva all’età di 7 anni circa.

Antonia frequentò la scuola elementare fino alla quarta classe e poi fu costretta a interrompere, lasciando la maestra e le compagne a cui si era affezionata, per garantire una presenza costante in famiglia: il suo aiuto si era reso assolutamente necessario, per il progressivo indebolimento della mamma e per l’assidua cura di cui avevano bisogno i fratellini.

L’Azione Cattolica e la formazione cristiana

Dal 1929 al 1931 aderì all’Associazione della Gioventù Femminile di Azione Cattolica, fondata a Milano nel 1918 dalla Sig.na Armida Barelli e costituita nella Parrocchia di Orgosolo nel 1924.  Antonia nel 1929 si iscrisse nella sezione delle “Beniamine”, la frequentò con entusiasmo, puntualità e profitto, arricchendosi nello spirito e lasciandosi conquistare dall’ideale di questa Associazione.

Con il suo carattere serio e generoso aiutava la madre, gravemente malata, e si prendeva cura dei fratellini, cercando di rendersi utile in casa in ogni modo possibile.  Aveva una fede semplice ma solida, che viveva con naturalezza, nella quotidianità. Era conosciuta per la sua modestia, la sua dedizione e il suo sorriso discreto.

All’età di dodici anni, come riportato nella testimonianza della zia, agli atti della Positio super martyrio, “cominciò a recarsi, senza rimostranze, in campagna per coltivare l’orto e zappare il grano”.  Aveva lasciato anche la sezione delle “Beniamine” per poter aiutare la famiglia.

Da allora Antonia fu impegnatissima quasi ogni giorno – e anche di notte – guidata amorevolmente dalla mamma in tutto ciò che concerneva la cura e l’andamento della casa e le vicende della famiglia. Ebbe cura dei fratellini e si dimostrò, con loro, più che sorella: quasi una tenera mammina. La sorella Candida testimoniò: “È stato scritto che Antonia dormiva per terra, ed è vero; ma questa circostanza non era imposta dalla mancanza di un letto, bensì dall’esigenza di stare vicino alla mamma, nella sua camera e di essere pronta a prestare il suo aiuto a lei e ai fratellini. Per accudire alle necessità familiari si privava di tutto, spesso anche del necessario.”

Nel 1934 la Sig.ra Giuseppina Buscarini, presidente del Circolo Parrocchiale della Gioventù femminile di Azione Cattolica di Orgosolo, apprezzando il comportamento di Antonia, sia in famiglia che nell’ambito della Parrocchia e di tutta la comunità orgolese, la invitò a rientrare con il successivo anno sociale 1934/35 nell’Associazione quale “socia effettiva”. Parlò dell’invito con l’amica Mariangela Mele e insieme, nel nuovo “anno sociale”, furono socie effettive, impegnate in una intensa vita di spiritualità individuale, che doveva condurle ad operare apostolicamente nella Parrocchia e nella chiesa, per il bene di tutti.

Il motto dell’Azione Cattolica era espresso nel trinomio “Preghiera – Azione – Sacrificio”: la Gioventù Femminile intendeva realizzare questo motto con insistenti direttive, rivolte a tutte le “socie”, per essere “eucaristicamente pie – apostolicamente operose – angelicamente pure”.

Antonia voleva attuare e vivere appieno questo ideale in tutta la sua meravigliosa ed entusiasmante bellezza, come traguardo della vera santità. Riprese l’esperienza e la vita associativa in seno all’Azione Cattolica, impegnandosi a essere una buona e santa cristiana, nella generosa attività pastorale in seno alla Parrocchia, considerata ormai come la sua seconda famiglia, da amare e servire.

Per divenire sempre più “eucaristicamente pia” intensificò la sua vita di pietà e di preghiera, che volle ancorare alla Santa Messa, alla comunione e alla pietà eucaristica.

Affrontava il sacrificio di alzarsi presto, per poter partecipare alla Messa e attingere dall’incontro con Gesù l’impulso vigoroso di grazia, per ogni momento ed evento durante tutto il giorno. Era assidua nella recita del Rosario in casa e nel recarsi in campagna.

A causa della sua giovane età e del breve tempo di permanenza nell’Associazione, non poté svolgere un’intensa attività apostolica.

Il migliore apostolato che riuscì a esprimere fu quello della coerenza cristiana e della laboriosità e totale dedizione alla famiglia e al prossimo. Era impegnata a far conoscere il messaggio di Gesù, a testimoniare ai fratelli la verità e l’amore di Dio.

L’ideale della purezza lo confermò in diverse occasioni. Le testimonianze del processo canonico ci presentano Antonia impegnata non solo a difendere la bella virtù, ma soprattutto a viverla come meravigliosa esperienza: “Beati i puri di Cuore perché vedranno Dio”.

Durante un’adunanza dell’Azione Cattolica, a commento di quanto detto dal Parroco su Santa Maria Goretti, affermò: “Io avrei fatto la stessa cosa”.

Mentre si trovava al fiume, per lavare i panni, apprese la notizia dell’uccisione di una madre di famiglia di Lollove, piccola frazione di Nuoro: si dava per certo il delitto passionale, per i segni di violenza subita. Al rientro in famiglia, nel riferire il fatto alla madre, esternò il suo ideale di purezza, dichiarando che: “Se dovesse succedere a me, mi farei piuttosto uccidere e schiacciare come una formica”. Anche il giorno dopo, quando il padre portò in casa il giornale, con il fatto di cronaca, dichiarò: “Pure io mi farei uccidere, piuttosto che cedere!”.

L’amore di Dio traspariva in ogni suo gesto, con la spontaneità e il candore della sua fanciullezza: amava il Signore, afferma un teste, e si sforzava di essere buona per amore di Lui.

Lo dimostrava nella fedele osservanza dei comandamenti, con la disponibilità a fare la volontà di Dio, soprattutto nei momenti difficili; con la frequenza alla Chiesa e ai Sacramenti; con la diligenza a schivare il peccato, evitando ambienti e compagnie pericolose; con la fedeltà alle pratiche religiose e l’assiduità alle preghiere: in particolare ai Primi venerdì del mese, in onore del Cuore Sacratissimo di Gesù, e al Santo Rosario, in onore della Madonna.

Il martirio

Questa spiritualità e il senso profondo della purezza l’hanno portata, il 17 maggio 1935, fino al martirio, a causa di un’aggressione subita da parte di Giovanni Ignazio Catgiu. Con notevole forza difese la sua integrità e purezza. Il fatto ebbe come testimone la tredicenne Anna Maria (Annedda) Castangia, che l’aveva accompagnata alla località denominata “Ovadduthai”, per raccogliere la legna necessaria per cuocere il pane. Annedda non ebbe la forza di difenderla: urlava, chiamando aiuto e sperando di intimorire l’aggressore; ma, visto che la sua furia non si placava, corse a chiedere aiuto. Antonia fu ritrovata con un corpo martoriato e straziato, che manifestava crudelmente quanto immane fosse stato l’accanimento dell’uccisore, ma anche quanto fosse stata sofferta e generosa la resistenza della vittima.

La fotografia del cadavere ci presenta il volto – pur sempre bello – interamente maciullato e orrendamente sfigurato.

Il suo gesto di coraggio, la sua determinazione nel difendere la propria dignità e purezza, colpirono profondamente la comunità e la Chiesa. Per questo, molti la considerarono fin da subito una martire. Dopo un attento processo, Antonia Mesina fu beatificata il 4 ottobre 1987 da Giovanni Paolo II, che la indicò come esempio luminoso di fede, forza e coerenza cristiana, anche nella prova più dura.

Oggi, Antonia è venerata come Beata e la sua memoria continua a ispirare molti giovani, soprattutto per il coraggio con cui ha difeso la propria dignità e i valori in cui credeva, fino alla fine.

 

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Sono la Madonna del Rosario; che continuino sempre a dire il rosario tutti i giorni. (La Vergine Maria il 13 Ottobre 1917 a Fatima)