Pillole di SpiritualiTà
Per l’anima si tratta non di conoscere qualcosa di Dio, ma di avere in sé Dio. (San Gregorio di Nissa)
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Come per comparazione del divino fuoco quale in sè sentiva, comprendeva come era il Purgatorio, e in che modo vi stanno le anime contente e tormentate
Tratto da "IL TRATTATO DEL PURGATORIO" di Santa Caterina da Genova
Quest' anima santa ancora in carne, trovandosi posta nel Purgatorio de l'affocato amore di Dio, il quale tutta la bruciava e purificava di quanto aveva da purificare, acciocché passando da questa vita, potesse essere presentata innanzi al cospetto del suo dolce amore Iddio; per mezzo di questo amoroso fuoco, comprendeva nell'anima sua, come stavano le anime dei fedeli nel luogo del Purgatorio, per purgare ogni ruggine e macchia di peccato, che in questa vita ancora non avessero purgato. […]
I. -Perfetta uniformità delle Anime purganti al volere di Dio.
Le anime che sono nel Purgatorio […] non possono avere altra elezione che di essere in esso luogo, e questo è per l'ordinazione di Dio, il quale ha fatto questo giustamente. Né si possono più voltare verso se stesse, né dire: "Io ho fatto tali peccati per i quali merito di star qui". Né possono dire: "Non li vorrei aver fatti perché andrei ora in paradiso". Né dire ancora: "Quegli ne esce più presto di me" ovvero: "Io ne uscirò più presto di lui".
Non possono avere alcuna memoria propria, né d'altri parimenti, in bene né in male che in loro faccia maggior afflizione del suo ordinario. Ma hanno un tanto contento di essere nella ordinazione di Dio, e che Egli adoperi tutto quello che gli piace, e come gli piace, che di sé medesime non ne possono pensare con maggior loro pena.
E solamente vedono l'operazione della divina bontà, la quale ha tanta misericordia all'uomo per condurlo a sé, che di pena, né di bene che possa accadere in proprietà, non se ne può niente da esse vedere, e se lo potessero vedere non sarebbero in carità pura.
Non possono vedere neppure che siano in quelle pene per i loro peccati, e non possono tenere quella vista nella mente; imperocché vi sarebbe una imperfezione attiva, la quale non può essere in esso luogo, perché non vi si può più attualmente peccare.
La causa del Purgatorio che hanno in loro, la vedono una sol volta nel passare da questa vita, e poi mai più la vedono; imperocché altrimenti vi sarebbe una proprietà.
Essendo dunque esse in carità, e da quella non potendo più deviare con attuale difetto, non possono più volere né desiderare se non il puro volere della pura carità; ed essendo in quel fuoco purgatorio, sono nella ordinazione divina: (la quale è carità pura), e non possono più in alcuna cosa da quella deviare: perché sono private così di attualmente peccare, come sono pure di attualmente meritare.
II. -Gioia delle Anime del Purgatorio e loro crescente visione di Dio. L'esempio della ruggine.
Non credo che si possa trovare contentezza da comparare a quella di un'anima del Purgatorio, eccetto quella dei santi del Paradiso. […]
La ruggine del peccato è l'impedimento, e il fuoco va consumando la ruggine; e così l'anima sempre più si va discoprendo al divino influsso. Siccome una cosa coperta non può corrispondere alla riverberazione del sole, non per difetto del sole, che di continuo luce, ma per l'opposizione della copertura: se si consumerà dunque la copertura, si discoprirà la cosa al sole; e tanto più corrisponderà alla riverberazione, quanto la copertura più si andrà consumando.
Così la ruggine (cioè il peccato) è la copertura delle anime, e nel Purgatorio si va consumando per il fuoco; e quanto più consuma, tanto più sempre corrisponde al vero sole Iddio. Però tanto cresce la contentezza, quanto manca la ruggine e si discopre l'anima al divin raggio. E così l'un cresce e l'altro manca, sin che sia finito il tempo.
Non manca però la pena, ma solo il tempo di stare in essa pena. E quanto alla volontà, non possono mai dire che quelle pene siano pene, tanto si contentano dell'ordinazione di Dio, con la quale è unita la loro volontà in pura carità.
III. - Pene delle Anime del Purgatorio. La separazione da Dio, loro maggior pena.
[…] Il fondamento di tutte le pene è il peccato originale o attuale. Dio ha creata l'anima, pura, semplice, e netta di ogni macchia di peccato, con un certo istinto beatifico verso di lui, dal quale istinto il peccato originale, che essa trova, l'allontana: poi quando vi si aggiunge l'attuale, ancora più se ne allontana, e quanto più se ne fa lontana, tanto più diventa maligna; imperocché Dio meno le corrisponde. […]
IV. - Purificate dal peccato, le Anime purganti scontano giocondamente le pene.
Ma le anime del Purgatorio hanno in tutto conforme la loro volontà con quella di Dio: e però Dio corrisponde loro con la sua bontà, ed esse restano contente (quanto alla volontà) e purificate dal peccato originale e attuale, quanto alla colpa.
Restano così quelle anime purificate come quando Dio le creò: e per essere passate di questa vita mal contente e confessate di tutti i loro peccati commessi, con volontà di non più commetterne, Iddio subito perdona loro la colpa, e non resta loro se non la ruggine del peccato, della quale poi si purificano nel fuoco con pena. […]
XV. - Le Anime purganti non possono più meritare.
Come è disposta la loro volontà verso le opere offerte in questo mondo a loro suffragio.
Se le anime del Purgatorio potessero purgarsi per contrizione, in un istante pagherebbero tutto il loro debito; tanto affocato impeto di contrizione verrebbe loro; e questo per il chiaro lume che hanno dell'importanza di quell'impedimento, il quale non le lascia congiungere con il loro fine e Amore Dio.
E sappi certo, che del pagamento a quelle anime, pure un minimo danaio non si perdona, essendo così stato stabilito dalla divina giustizia; e questo è quanto per parte di Dio.
Per parte poi delle anime, esse non hanno più propria elezione, e non possono più vedere, se non quanto vuole Dio, né altro vorrebbero, imperocché così sono stabilite.
E se alcuna elemosina è fatta loro da quelli che sono nel mondo, la quale diminuisca loro il tempo, non si possono più voltare con affetto per vederla, eccetto sotto quella giustissima bilancia della volontà divina, in tutto ciò lasciando fare a Dio, il quale si paga come alla sua infinita bontà piace. E se si potessero voltare a vedere esse limosine fuori di essa divina volontà, sarebbe loro una proprietà che leverebbe loro la vista del divino volere; il che sarebbe loro un Inferno.
Perciò stanno immobili a tutto quello che Dio dà loro, così di piacere e contentezza, come di pena: e mai più a sé proprie si possono voltare, tanto sono intime e trasformate nella volontà di Dio, e si contentano in tutto dell'ordinazione sua santissima. […]
Parole, parole, parole...
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