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"I Cuori di Gesù e di Maria hanno su di voi disegni di misericordia"

20 febbraio, Memoria dei Santi Francesco e Giacinta Marto

di Sr. M. Elisabetta Marzotto icms

Sulla breccia tra Dio e l'umanità

Nell’estate del 1916, Dio, ancora una volta, si china sul mondo, sconvolto dal peccato, dall’immane tragedia della Prima Guerra Mondiale, dal rischio incombente dell’ateismo e del materialismo, e manda un Suo messaggero e Sua Madre Maria SS.ma a ripetere lo stesso accorato lamento che aveva rivolto al profeta Ezechiele, circa 2500 anni prima: “Io ho cercato fra loro un uomo che… si ergesse sulla breccia di fronte a me… ma non l’ho trovato” (Ez 22,30).  E rivolge il Suo appello a tre bambini, Lucia, Francesco e Giacinta di Fatima, attraverso un Angelo che dice loro: “I Cuori di Gesù e di Maria hanno su di voi disegni di misericordia”.

Sì, è proprio a loro, piccoli agli occhi del mondo ma con un cuore già attento alle “cose” di Dio, che Lui chiede di “stare sulla breccia”, per fermare l’ondata di male e distruzione che il peccato degli uomini sta riversando sul mondo e che sta portando “tante anime all’inferno”.  Anche la Madonna, il 13 maggio 1917, chiederà loro: “Volete offrirvi a Dio per sopportare tutte le sofferenze che Egli vorrà inviarvi, in atto di riparazione per i peccati per i quali è offeso, e di supplica per la conversione dei peccatori?”. E l’Angelo stesso spiega loro come possono “offrirsi”: “Di tutto quello che potete, offrite un sacrificio a Dio, in atto di riparazione per i peccati da cui Egli è offeso, e come supplica per la conversione dei peccatori… Soprattutto accettate e sopportate con sottomissione le sofferenze che il Signore vi manderà”.

Uniti nella stessa missione

I cuori di questi tre bambini si lasciano toccare e penetrare dal dolore del Cuore di Dio e dalle spine che trafiggono il Cuore Immacolato di Maria. Pronunciano il loro: “Sì, lo vogliamo” e iniziano a battere all’unisono con questi Cuori. La loro vita diventa tutta un’offerta d’amore a Dio e alle anime, generosamente e instancabilmente: tutti e tre insieme, in una comunione di cuori e di vita che può essere davvero presa a modello, oggi, da tante Comunità religiose.

Anche quando Francesco e Giacinta raggiungeranno quel Cielo, dove la Madonna lì avrebbe presto condotti, Lucia continuerà a diffondere il Messaggio che la Vergine Maria aveva loro affidato per il bene di tante anime, certa della comunione e intercessione dal Cielo dei suoi due cuginetti. “Se, inspiegabilmente, le parole dell’Angelo della Pace e della Madonna sparissero dal mondo e tutto quello che restasse degli avvenimenti di Fatima fossero le biografie dei Pastorelli prima e dopo le apparizioni, il nucleo del Messaggio di Fatima non sarebbe perduto. Sarebbe lì davanti a noi, custodito con semplicità nella vita dei suoi testimoni” (suor A. Coelho, In quella luce. Un itinerario per comprendere il Messaggio di Fatima).

Come fossero due facce della stessa medaglia, Francesco e Giacinta colgono, in particolare: il primo, l’Amore di Dio che soffre per l’ingratitudine e l’indifferenza degli uomini; l’altra, il rischio per le anime di perdersi per sempre nell’inferno, quando si usa male il dono della libertà.

Entrambi si collocano su quella “breccia”, tra Dio e l’umanità; si offrono sullo stesso altare sul quale si è offerto Gesù: l’uno per “consolare” Dio e riparare all’indifferenza degli uomini, l’altra per chiedere perdono e riparare ai peccati delle anime.

Stare con "Gesù nascosto"

La vita di Francesco diventa un continuo “stare con” Gesù nell’Eucaristia. “Gesù «sta nascosto non solo perché si nasconde nell’Eucaristia», ma perché ci invita alla contemplazione, all’intimità, al dialogo incessante con Lui nel segreto del nostro cuore, dove si costruisce la nostra amicizia con Lui. È con gli amici che condividiamo le nostre ferite più profonde e le nostre preoccupazioni più grandi. Non è strano, dunque, che sia proprio questo bambino, la cui solitudine è abitata da Gesù nascosto, a meglio comprendere la tristezza, il dolore di Dio per l’indifferenza di coloro che non soffrono per la loro lontananza da Dio” (Sr. A. Coelho, In quella luce. Un itinerario per comprendere il Messaggio di Fatima).

L'amore ai peccatori

Giacinta vuole andare in Cielo, ma non da sola. Dopo la visione dell’inferno, sente, come Gesù, compassione per i poveri peccatori, sperduti “come pecore senza pastore” (Mc 6,34) ed è disposta a soffrire anche di più per salvare tante anime. Alla cugina Lucia, che sta andando in Chiesa, dice: “Porta i miei saluti a Nostro Signore e a Nostra Signora e di’ Loro che offro tutto quanto Loro vogliono, per convertire i peccatori e riparare il Cuore Immacolato di Maria”. “Negli ultimi tempi della sua malattia e fino alla fine della sua vita, Giacinta ha una ferita aperta nel petto. Questa ferita, dovuta più all’amore che alla malattia, non le permette di riposarsi. Ma lei vuole offrirsi per tutti i pellegrini che le chiedono preghiere, vuole convertire più peccatori, vuole consolare il Cuore di Gesù e il Cuore Immacolato di Maria. Questa ferita aperta nel costato fa di lei una “confidente” intima del Crocefisso, la aiuta a comprendere il mistero del dono di sé fino alla passione, fino alla follia dell’amore” (Sr. A. Coelho, In quella luce. Un itinerario per comprendere il Messaggio di Fatima).

Francesco e Giacinta non amano la sofferenza in se stessa, non vogliono soffrire per il gusto di soffrire. No: loro amano così tanto i Cuori di Gesù e di Maria, nel loro cuore arde il Loro stesso amore per le anime, che niente sembra troppo pur di dare un po’ più di amore ai Loro SS. Cuori e pur di salvare anche solo un’altra anima. “Noi stavamo ardendo in quella luce che è Dio e non ci bruciavamo. Com’è Dio! Non si può dire. Questo sì, che noi non lo potremo mai dire”, esclama Francesco dopo la prima apparizione, il 13 maggio 1917.

E a lui farà eco la piccola Giacinta, alla fine della sua vita: “Se potessi mettere nel cuore di tutti il fuoco che mi brucia nel petto e che mi fa tanto amare il Cuore di Gesù e il Cuore di Maria!”.

 

 

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