Pillole di SpiritualiTà
Per le ferite d’amore non c’è medicina se non da parte di colui che ha causato la ferita. (San Giovanni della Croce)
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di Padre Alessandro Ricciardi icms
C'è, oggi, un certo alone di “favola” che aleggia intorno alla figura dei Re magi, dovuto probabilmente alla complicità della televisione e del cinema, che, in questo periodo, ci immergono in tutta una serie di fiabe per bambini. Il pensiero stesso della “befana”, che porta i doni ai più piccoli, ci spinge forse a inquadrare i nostri tre Personaggi nell'alveo di figure mitologiche.
Ma è sempre stato così? Cosa ne pensavano i primi cristiani?
In realtà, la loro storia è così presente nella vita e nel culto dei primi cristiani, che risulta totalmente assurda qualsiasi ipotesi che ne neghi l'esistenza.
Ricordo chiaramente il giorno dell'Epifania di qualche anno fa’. Avevamo previsto di dare, al termine della Santa Messa, un dolce pensiero ai bambini. Per questo, mi ero fatto accompagnare da tre uomini vestiti da Re magi, incaricati della distribuzione dei dolciumi. I vestiti erano veramente ben fatti e i tre si erano anche “truccati” alla perfezione. Mentre incedevo insieme a loro, fui colto all'improvviso da un senso di sacro rispetto verso quelle tre Figure: «Questi uomini sono dei santi, dei grandi Santi», fu il mio pensiero.
Fu come un fulmine che trasformò quel momento di festa in una profonda esperienza spirituale. Mi sentivo davvero piccolo, di fronte alla grandezza spirituale di questi uomini tutti d'un pezzo, che, credendo ad un segno profetico, non avevano esitato a lasciare tutto per cercare Colui che era stato loro misteriosamente annunziato. E, perseverando nel loro cammino, senza scoraggiarsi di fronte alle difficoltà, alla fine furono premiati per le loro fatiche: trovarono ed adorarono Colui che regge il mondo, in una grotta di Betlemme, seduto sulle ginocchia di sua Madre.
Dopo aver adorato il Signore, “per un’altra strada”, scrive Matteo, fecero ritorno al loro Paese.
Una tradizione narra che dopo la risurrezione di Gesù essi, per testimoniare la fede che avevano diffuso nella loro terra, sarebbero tornati a Gerusalemme, dove conclusero la loro esistenza terrena. Le loro spoglie sarebbero poi state ritrovate da sant’Elena, trasportate a Costantinopoli e in seguito donate a Eustorgio, vescovo di Milano dal 343 al 355 circa, il quale le fece traslare nella sua città. In loro onore edificò quindi una basilica (Sant’Eustorgio, appunto) nel luogo in cui il carro trainato da buoi, che trasportava il pesante sarcofago, si era impantanato nel fango.
Il 24 luglio del 1162 le loro reliquie furono traslate, per ordine di Federico I Barbarossa, da Milano a Colonia, in Germania, nella cattedrale di San Pietro, dove sono sin da allora oggetto di grande culto e di numerosi pellegrinaggi. Negli anni Ottanta del secolo scorso tali reliquie sono state sottoposte a esami scientifici, che ne hanno confermato l'autenticità: ne è risultato, infatti, che i tessuti sono di tre stoffe distinte, due di damasco e una di taffettà di seta, tutte di provenienza orientale e databili tra il II e il IV secolo.
Dei Re Magi si narra unicamente nei primi dodici versetti del secondo capitolo del Vangelo di Matteo. E tutto ciò che ricaviamo sulla loro identità dal racconto dell’evangelista è racchiuso in tre semplici parole: “Giunsero da oriente”. Da dove deriva, dunque, il loro numero... e che erano re... e i loro nomi...? Non c'è qui lo spazio, né questo è il luogo per rispondere ora a queste e a tante altre domande che potrebbero sorgere nelle vostre menti. Lo lascio alla vostra ricerca.
Per concludere, vi invito però ad un pensiero spirituale.
Tra i simbolismi più forti e più evocativi accettati dalla Chiesa vi è quello che considera i santi Re Magi come viaggiatori, in cammino alla ricerca di Dio. Papa Benedetto XVI lo ricordava nel 2011: «Essi erano probabilmente dei sapienti che scrutavano il cielo, ma non per cercare di “leggere” negli astri il futuro, eventualmente per ricavarne un guadagno; erano piuttosto uomini “in ricerca” di qualcosa di più, in ricerca della vera luce, che sia in grado di indicare la strada da percorrere nella vita».
La prima domanda, dunque, è questa: «Cerco davvero la luce che mi può aiutare a percorrere rettamente la mia vita, quel “qualcosa in più” che, solo, può appagare realmente la fame e la sete profonde del mio cuore?».
Seconda domanda. La prendo dall'omelia di papa Francesco del 6 gennaio 2018 (che vi invito pertanto a leggere integralmente): «So imitare i tre atteggiamenti dei Magi: alzare lo sguardo verso la stella di Gesù, mettersi in moto e fare il bene senza calcoli?».
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