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Il canto d’AMORE della MADRE

Pellegrina di Gioia

Card. Mauro Piacenza

Dopo aver contemplato nel santo Rosario, con lo sguardo di Maria, i misteri della nostra Redenzione operata da Cristo, siamo qui convenuti al centro di tutto: ovvero alla celebrazione del Santo Sacrificio e lo facciamo pregando il Signore di salvarci dai mali che ora ci rattristano.

Pensiamo ai milioni di bimbi uccisi ancora nel ventre delle loro madri. Pensiamo alle guerre, a tutte le violenze che devastano e inquinano il mondo. Pensiamo ai milioni di esseri umani che soffrono la fame. Pensiamo alle famiglie lacerate e distrutte. Pensiamo ai tanti uomini nel mondo che sono senza Dio e senza la fede, la cui vita è vuota e priva di senso tanto da cercare rifugio nella droga o in altre forme di stordimento, da aderire ad ideologie di violenza e di nichilismo e da trascinare anche altri nel tunnel delle loro disgrazie.

Pensiamo allo stesso stravolgimento della natura con tutte le tragiche conseguenze sulla vita e sulla identità psicofisica dei soggetti, come pure sull’equilibrio atmosferico; tutti peccati contro la creazione sapientemente operata da Dio.

Ma pensiamo anche alle persone credenti e pie che sono duramente provate. Pensiamo alle difficoltà della Chiesa stessa: alle profonde divisioni e lacerazioni che ne oscurano il volto; ai giovani, che nella catechesi e nella teologia non trovano il nutrimento del quale avrebbero bisogno; al diminuire delle vocazioni, in un tempo che tanto avrebbe bisogno di sacerdoti e uomini e donne impegnati nella Vita Consacrata. Pensiamo alla solitudine di tanti giovani e anche anziani sacerdoti, esposti allo scherno e alla critica o alla emarginazione a causa della loro fedeltà alla propria identità. Deponiamo sulla patena dell’offertorio tutte queste sofferenze manifeste e tutte quelle occulte.

Sappiamo che il nostro Dio è un Dio che ascolta e che vede, che ama e che opera. Egli ci tende la mano, per tirarci fuori dalle difficoltà del nostro tempo.

Gesù dice “Beati coloro che ascoltano la parola di Dio e la custodiscono” (Lc 11,28). Dietro queste parole sta la figura di Maria, così come è descritta nel Vangelo di Luca. Maria è colei che è tutta in ascolto, colei che è completamente aperta nel suo intimo alle silenziose chiamate del Signore.

All’ascolto appartiene il custodire.

Tre volte, nel Vangelo dell’infanzia di Gesù, l’evangelista ci dice che Maria custodiva e meditava le parole nel suo cuore (Lc 1,29; 2,9.51). Così in Maria si compie la parabola del chicco di grano e del terreno buono: “Quello sul terreno buono sono coloro che, dopo aver ascoltato la Parola con cuore integro e buono, la custodiscono e producono frutto con perseveranza” (Lc 8,15). La Parola ha bisogno del “cuore puro e docile”, ha bisogno della custodia; e, per la sua maturazione, ha bisogno della nostra perseveranza, della nostra pazienza.

L’entusiasmo di un momento non basta. Il grande momento del primo incontro con il Signore può diventare fecondo solo se, con tanta umiltà e pazienza, perseveriamo anche in tempi di aridità. Così cresce il buon frutto.

Dopo l’indimenticabile momento dell’annuncio, “l’angelo si allontanò da Maria” (Lc 1,38). Alla nascita del Signore segue la fuga in Egitto; seguono gli anni lunghi e silenziosi del nascondimento di Gesù, nei quali Egli sembra essere soltanto uno come tutti gli altri e nel quale esteriormente non accade nulla. Seguono gli anni della vita pubblica di Gesù, tanto difficili per Maria, nei quali ella assiste alla crescente ostilità contro di lui e non può fare nulla. Per questi anni valgono le parole: “Donna, che vuoi da me? Non è ancora giunta la mia ora” (Gv 2,4). Deve indietreggiare, lasciare libero il Signore per la sua missione. Segue poi la Croce. E’ giunta l’ora del Signore, il suo innalzamento avviene nel segno della sofferenza.

In piedi, accanto alla Croce, la Vergine riceve nel suo Cuore, che si apre sul mondo, un amore spirituale così forte e così ardente, così tenero e così universale che potrà estendersi, senza dimenticare nessuno, a tutti quelli che suo Figlio Le ha dato per figli, sino agli estremi confini della terra, sino alla fine dei tempi. Così, al di sopra di tutte le altre, la ferita del cuore di Maria è assimilata alla ferita del cuore di Gesù, fonte unica della redenzione del mondo.

E ancora una volta Maria rimane nascosta. Perché il frutto cresca, è necessaria questa pazienza. Occorre entrare nella pazienza mariana della maturazione. Dove manca questa pazienza non c’è alcun frutto. Lo splendore delle beatitudini promesse da Gesù – “Beati quelli…” – illumina tutto il nostro cammino, ma può definitivamente irrompere nella nostra vita, se in essa c’è non solo l’ascolto, ma anche il custodire in un cuore puro e docile.

All’inizio di questa riflessione abbiamo fatto cenno ad alcune gravi difficoltà del nostro tempo. Ebbene, tutte queste singole tristezze hanno la loro radice nella natura stessa del tempo. Il tempo è caducità. Il tempo, in un mondo segnato dal peccato, è essenzialmente tempo verso la morte. Ma la morte, in cui non risplende l’eternità, è la tristezza stessa: la fine di ogni gioia! Solo il superamento della morte può, in ultima analisi, superare anche la tristezza del tempo. La preghiera mariana che ricorre spesso nella liturgia mira alla “perpetua” salute della mente e del corpo (“perpetua mentis et corporis sanitas”). Preghiamo per la salute del corpo e dello spirito, perché sappiamo che, in fondo, le due cose sono inseparabili. E lo facciamo con tanta fiducia nella bontà di Dio, perché la salute è un grande dono. Ma l’orazione, in base alla fede della Chiesa, è molto più audace. Prega per la “salute eterna” anche del corpo: significa che preghiamo per la risurrezione! Preghiamo per la vita eterna! E possiamo pregare per questo, con la certezza della elevazione che il Signore ci ha assicurato, se pregheremo “nel suo nome” (Gv14,13): solo a questo punto si spezza la tristezza del tempo; solo questo è l’irrompere luminoso della vera gioia nella nostra vita.

Dietro a queste parole appare nuovamente la figura di Maria. Lei per prima, dopo la Risurrezione del Signore, è stata assunta in anima e corpo in Cielo, ovvero nella comunione con Dio Uno e Trino. A lei è stata donata la salute eterna del corpo e dell’anima. In lei la preghiera è stata ascoltata, perché lei ha ascoltato la Parola di Dio e l’ha custodita in un cuore puro e docile, in un cuore buono; perché con anima e corpo si è resa disponibile alla Parola di Dio; così Maria è stata quella terra fertile, dalla quale il nuovo Adamo ha potuto essere plasmato.

Ella non ha solo ascoltato, ma ha anche risposto. Con tutta la sua vita è divenuta un “canto d’amore” al Signore (Sal 45,2). Preghiamo Lei, la Santa Vergine e Madre, che ci aiuti a divenire dimora per il Signore perché, così, a partire da Dio, la luce della gioia illumini la nostra vita, le nostre famiglie, le nostre comunità.

 (omelia 13 ottobre 2022)

 

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