Pillole di SpiritualiTà
Comprendi per credere, e credi per comprendere. Comprendi la mia parola, affinché tu possa credere; credi alla parola di Dio per poterla comprendere. (Sant'Agostino)
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Haurietis Aquas: Lettera Enciclica di Papa Pio XII sulla devozione al Sacro Cuore di Gesù
Dopo che il Salvatore nostro ascese al cielo e si assise alla destra del Padre nello splendore della sua umanità glorificata, non ha cessato di amare la Chiesa, sua sposa, anche con quell’ardentissimo amore, che palpita nel suo Cuore. Egli, infatti, ascese al cielo recando nelle ferite delle mani, dei piedi e del costato i trofei luminosi della sua triplice vittoria: sul demonio, sul peccato e sulla morte; e recando altresì nel suo Cuore, come riposti in un preziosissimo scrigno, quegli immensi tesori di meriti, frutti del suo triplice trionfo, che adesso dispensa in larga copia al genere umano redento. È questa la verità consolante, di cui si fa assertore l’Apostolo delle genti, quando scrive: «Ascendendo in alto portò via schiava la schiavitù, dette donativi agli uomini… Il discendente è lo stesso che l’ascendente sopra tutti i cieli, affinché riempisse tutte le cose» (83).
La donazione dello Spirito Santo, fatta ai discepoli, è il primo segno perspicuo della munifica carità del Salvatore dopo la sua trionfale ascensione sino alla destra del Padre. Infatti, dopo dieci giorni lo Spirito Paraclito dato dal Padre discende su gli apostoli radunati nel Cenacolo, secondo che Gesù aveva promesso nell’Ultima Cena: «Io pregherò il Padre ed egli vi darà un altro Paraclito perché rimanga in eterno con voi» (84). Il quale Spirito Paraclito, essendo l’Amore mutuo, personale, col quale il Padre ama il Figlio e il Figlio il Padre, da ambedue è inviato, e sotto il simbolo di lingue di fuoco investe gli animi dei discepoli con l’abbondanza della divina carità e degli altri celesti carismi. Ma questa infusione di superna carità emana altresì dal Cuore del Salvatore nostro, «in cui sono riposti tutti i tesori della sapienza e della scienza» (85).
La carità divina, pertanto, è dono ad un tempo del Cuore di Gesù e del suo Spirito. A questo comune Spirito del Padre e del Figlio si devono in primo luogo e l’origine della Chiesa e la sua mirabile propagazione in mezzo a tutte le genti pagane, prima dominate dall’idolatria, dall’odio fraterno, dalla corruzione dei costumi e dalla violenza. È la carità divina, dono preziosissimo del Cuore di Cristo e del suo Spirito, che ha ispirato agli Apostoli e ai Martiri la fortezza eroica nel predicare e testimoniare la verità del Vangelo sino all’effusione del sangue; ai Dottori della Chiesa lo zelo ardente per la chiarificazione e la difesa della fede cattolica; ai Confessori la pratica delle più elette virtù e il compimento delle imprese più utili e più ammirabili, proficue alla propria santificazione e alla salute spirituale e corporale del prossimo; alle Vergini, infine, la rinunzia pronta e gioconda a tutte le delizie dei sensi, allo scopo di consacrarsi unicamente all’amore del celeste Sposo.
È a questa divina carità, che ridondando dal Cuore del Verbo Incarnato si riversa per opera dello Spirito Santo negli animi di tutti i credenti, che l’Apostolo delle genti scioglie quell’inno di vittoria, che celebra in pari tempo il trionfo di Gesù Cristo Capo e dei membri del suo Mistico Corpo su quanto ostacola l’instaurazione del Regno Divino dell’amore fra gli uomini: «Chi ci separerà dall’amore di Cristo? la tribolazione o l’angoscia o la fame o la nudità, o il pericolo, o la persecuzione, o la spada?… Ma in tutte queste cose siamo più che vincitori per opera di Colui che Ci ha amato. Poiché io son persuaso che né morte, né vita, né angeli, né principati, né virtù, né cose attuali né future, né potestà, né altezza, né profondità, né alcun’altra creatura potrà separarci dall’amore di Dio in Cristo Gesù Signor Nostro» (86).
Nulla dunque ci vieta di adorare il Cuore sacratissimo di Gesù, in quanto è compartecipe e il simbolo più espressivo di quella inesausta carità, che il Divin Redentore nutre tuttora per il genere umano. Esso, infatti, benché non sia più soggetto ai turbamenti della vita presente, è sempre vivo e palpitante, e in modo indissolubile è unito alla Persona del Verbo di Dio e, in essa e per essa, alla divina sua volontà.
Perciò, essendo il Cuore di Cristo ridondante di amore divino ed umano, e ricolmo dei tesori di tutte le grazie, conquistati dal Redentore nostro con i meriti della sua vita, delle sue sofferenze e della sua morte, è senza dubbio la sorgente di quella perenne carità, che il suo Spirito diffonde in tutte le membra del suo Corpo Mistico.
Nel Cuore pertanto del Salvatore nostro vediamo in qualche modo riflessa l’immagine della divina Persona del Verbo, come pure l’immagine della sua duplice natura, l’umana cioè e la divina; e vi possiamo ammirare non soltanto il simbolo ma anche, per così dire, la sintesi di tutto il mistero della nostra redenzione. Adorando il Cuore sacratissimo di Gesù in esso e per esso noi adoriamo sia l’amore increato del Verbo Divino, sia il suo amore umano con tutti gli altri suoi affetti e virtù, poiché e quello e questo spinsero il nostro Redentore ad immolarsi per noi e per tutta la Chiesa sua Sposa, conforme alla sentenza dell’Apostolo «Cristo amò la Chiesa e diede se stesso per lei al fine di santificarla, purificandola col lavacro dell’acqua mediante la parola di vita, per far comparire davanti a sé, gloriosa, la Chiesa, affinché sia senza macchia, senza ruga o altra cosa siffatta, ma anzi santa e immacolata »(87).
Come Cristo ha amato la Chiesa, così Egli l’ama tuttora intensamente con quel triplice amore, di cui abbiamo parlato; ed è appunto questo amore che lo stimola a farsi nostro avvocato, per conciliarci dal Padre grazia e misericordia, «essendo sempre vivo, sì da poter intercedere in nostro favore» (89). La preghiera che erompe dal suo inesauribile amore, diretta al Padre, non soffre alcuna interruzione.
Come «nei giorni della sua vita nella carne» (90), così ora ch’è trionfante nei Cieli, Egli supplica il Padre con non minore efficacia; ed a Colui, che «ha talmente amato il mondo da dare il suo Figliuolo unigenito, affinché chiunque crede in Lui non perisca, ma abbia la vita eterna» (91). Egli mostra il suo Cuore vivo e ferito dall’amore, ben più profondamente che non lo sia stato, ormai esanime, dal colpo di lancia del soldato romano: «Per questo è stato trafitto [il tuo Cuore] affinché, attraverso la ferita visibile, vedessimo la ferita invisibile dell’amore» (92).
Non vi può essere dunque alcun dubbio che, supplicato da tanto Avvocato e con sì veemente amore, il Padre celeste, «che non risparmiò il proprio Figlio, ma per tutti noi lo diede» (93), profonderà incessantemente su tutti gli uomini le sue grazie divine.
(tratto da: https://www.vatican.va/content/pius-xii/it/encyclicals/documents/hf_p-xii_enc_15051956_haurietis-aquas.html)
V DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO - 09 febbraio 2025 - ANNO C -
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