Pillole di SpiritualiTà
La tua preghiera è un discorso con Dio; quando leggi, Dio parla con te; quando preghi, tu parli con Dio. (Sant'Agostino)
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La preghiera di presenza
di Riccardo Dimida
E’ curioso notare come in alcune occasioni il silenzio sia prerogativa necessaria alla partecipazione ad un evento. Pensiamo alle partite di tennis professionistiche, come Wimbledon, dove la partita non procede se non si ha un silenzio quasi assoluto sugli spalti; oppure a quando qualcuno parla nella sala del cinema e viene immediatamento richiamato severamente al silenzio. Contemporaneamente, si può anche notare che, non appena si apre la possibilità di parlare, commentare, esultare, questa venga utilizzata al massimo: infatti dopo un punto, segnato dal tennista, il pubblico esplode di stupore; così come, alla fine del film, brulicano subito i commenti e le impressioni a caldo, dopo la visione. È simpatico far notare, anche, come capiti a qualcuno di abbassare il volume della musica in macchina, per poter parcheggiare meglio…
Ecco, queste immagini ci dicono quanto il silenzio sia una prerogativa necessaria innanzitutto a porre attenzione su qualcosa, ma soprattutto ci dicono come inevitabilmente esso si crei quando ci troviamo di fronte a qualcuno a cui teniamo molto, che ci interessa davvero, che ci sta a cuore.
Eppure, quel silenzio prezioso – escluse poche rare occasioni, come quelle descritte – non siamo molto abituati a viverlo. Può capitare di avere difficoltà anche a trovarlo nelle chiese, il silenzio: persino durante la celebrazione eucaristica…
In effetti, presi dalla frenesia delle giornate, fra il lavoro e i vari impegni, è possibile non fare caso a quanti suoni ci circondano: chiamate al telefono, notifiche whatsapp, mail, avvisi di google maps, promemoria, il microonde quando ha finito di scaldare, le luci rimaste accese dell’auto o le chiavi rimaste inserite, le sirene delle ambulanze, la TV, i videogames sugli smartphone, le persone con la musica alta mentre viaggiano in monopattino o a piedi in città, gli annunci in metropolitana o sull’aereo. Per non parlare del frastuono che creano le luci di tutti i tipi, da varie fonti; oppure la “dipendenza” dal controllare continuamente le notifiche... adesso le abbiamo anche sullo smartwatch, con le sue vibrazioni. Quanta attenzione e quanto silenzio ci rubano questi stimoli!
Il silenzio, di cui dovremmo avere cura, ha però un’accezione più ampia della semplice assenza di suoni o rumori.
Sempre più spesso si sente parlare di vacanze di “detox” dalla vita quotidiana, immersi nella natura, accompagnati da varie attività rilassanti che mirano, alla fin fine, a facilitare la “pace dei sensi”, la “serenità perduta”... Ma che cosa si cerca davvero quando ci si ritira in qualche attività dal sapore esotico e ascetico? E come mai interessa tanto il silenzio a noi cristiani ma anche a chiunque voglia dirsi in qualche misura spirituale o religioso? Innanzitutto sappiamo che “In principio era il Verbo” (Gv 1,1) e il verbo che cosa è se non una parola, un suono, una vibrazione? “il Verbo era presso Dio e il Verbo era Dio” (Gv 1,1) quindi una parola creatrice, Dio stesso, Gesù nel seno del Padre. Una delle litanie al Sacro Cuore recita: Cuore di Gesù, unito alla Persona del Verbo di Dio, abbi pietà di noi.
Dall’antico testamento fino ai santi dei giorni nostri è noto che Dio lo troviamo non nel caos, ma nella quiete; non nel disordine, ma nell’ordine; non nel frastuono, ma nel silenzio.
Allora, come fare a raggiungere quel silenzio? Molti santi e teologi hanno contribuito a darci esempi con la vita e con le parole. Innanzitutto silenzio è diverso non parlare. Quella è la prima fase, poiché possiamo stare zitti esternamente, ma intrattenerci con noi stessi, con i vari pensieri e preoccupazioni che ci pesano in testa e nel cuore. Il silenzio, che per noi oggi è così difficile da raggiungere, è quello più profondo, che si distacca da tutte le angosce e i pensieri, che si raggiunge con la dovuta calma e dedizione, respirando lentamente e profondamente, cercando di arrivare a mettere la propria coscienza al cospetto di Dio. In effetti il grande teologo Romano Guardini sostiene che “aver coscienza significa esser consci a se stessi del bene - ma al cospetto di Dio” (La Coscienza, R. Guardini, Morcelliana 2023).
Non solo non è facile arrivare a quella quiete, che ci permette di dare spazio a Dio, ma spesso la vita ci diseduca a sentire la necessità di quei momenti. Non è necessario essere monaci eremiti per esigere un po’ di silenzio, poiché è necessario al raccoglimento interiore, che è il contrario della dissipazione, della dispersione nelle mille faccende che ci occupano tutti i giorni il corpo, ma soprattutto l’anima.
E dove cercare questo silenzio se non, come dice Guardini, al cospetto di Dio? Potremmo sperimentare la pratica dell’adorazione quotidiana. Se trovassimo 5 minuti ogni giorno per raccoglierci davanti a Gesù Eucarestia, per donargli tutta la giornata che andiamo ad affrontare o che abbiamo già affrontato, senza spiegazioni, senza parole, solo guardando il tabernacolo sapendo che Lui è lì che ci aspetta da sempre! Ci accorgeremmo piano piano che quei 5 minuti sono pochi... che un assaggio così fugace dello sguardo di Cristo riflesso in noi è troppo poco; che quella presenza divina, Gesù, ci chiama a nulla di più che alla nostra attenzione, alla nostra presenza. Come quella di Maria Santissima, che ha contemplato la vita del suo figlio dalla nascita alla morte in silenzio, insieme al silenzio di San Giuseppe, conservando tutto nel loro cuore.
C’è un monaco benedettino che, ai giorni nostri, parla con Gesù e ha riportato in un libro i suoi dialoghi con Lui. Un giorno Gesù gli disse: “Lo scopo di ogni parola che ti dico è di unirti a Me nel silenzio dell’amore. Ecco perché gli amici e gli innamorati si parlano l’uno all’altro: per esprimere ciò che hanno nei loro cuori. Una volta che queste cose sono state esperesse, è sufficiente che essi rimangano uniti l’uno all’altro nel silenzio, che è la manifestazione più perfetta del loro amore.
Tante anime hanno paura del silenzio in cui, se solo Mi lasciassero agire, Io le guiderei. La paura li costringe a nascondersi dietro una marea di parole e di concetti, quando invece il Mio desiderio è di unirli direttamente a Me stesso mediante la fede, la speranza e soprattutto l’amore.” (In Sinu Iesu, pg. 288, Editrice Ancilla, 2021)
L’apostolo Giovanni aveva chiaro che cosa significa stare alla presenza di Gesù: lui che, durante l’ultima cena, posò il capo sul petto del Divino Maestro, si sporse come un figlio, tutto teso ad ascoltare il centro dell’universo intero, il Cuore di Gesù che da sempre batteva d’amore per lui e per tutti noi. Imitiamo San Giovanni, cerchiamo di ascoltare il Cuore di Gesù nell’Eucaristia e di stare alla sua presenza, perché Lui ha piacere di stare con noi, perché gli stiamo a cuore.
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