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La MATERNITÀ secondo lo spirito

La dignità della donna sta nell’amore, amore che ella riceve, ma che poi necessariamente ridona

di Sr. M. Caterina Gatti icms

(Iª parte)

Per parlare della “maternità secondo lo spirito” occorre fare una premessa che riguarda l’identità di sé e il concetto di donazione. La comprensione sempre più profonda e interiorizzata del “chi siamo” è infatti fondamentale per la propria maturazione e per poter vivere in pieno la maternità spirituale. “Essere se stessi equivale a dare se stessi, in quanto il dover essere della persona umana consiste nella donazione” (A. Malo).  Occorre ricordare che, una volta che ci si dona ad un’altra persona, non si può più rifiutare di donarsi: nel dono di sé l’altro entra a far parte della nostra stessa identità; il rifiuto del dono di sé diventa dunque, in qualche modo, rifiuto di se stessi.

 

Maternità spirituale è “donarsi”

Vocazione primaria di ogni madre, tanto in senso fisico che per quanto riguarda la maternità nello spirito, è quella di aiutare il figlio a crescere, e la crescita deve riguardare l’integralità della persona. Vivere la maternità spirituale implica non semplicemente un “donare”, ma il donarsi. Il fine della donazione è rendere l’altro capace di autopossedersi per poi, a sua volta, donarsi. La maternità, che - come abbiamo già detto nel precedente articolo - non necessariamente si deve realizzare dal punto di vista fisico, è costituita fondamentalmente da un atteggiamento di fondo, che rende ogni donna incline al dono di sé. Vi è quindi nella donna un certo “bisogno” di donarsi, che si concretizza nel “dar vita”, nel “far crescere” e “prendersi cura”. È proprio per il fatto di essere fisicamente, biologicamente, psicologicamente e spiritualmente conformata per la maternità nella sua accezione più ampia - ossia per “dare la vita” - che la donna è chiamata ad essere portatrice di umanità, umanizzatrice dell’uomo e della società. Questo desiderio e questa disposizione naturale a rendersi disponibile verso chi si trova in situazione di necessità sono radicati nell’istinto materno, e questa disposizione è l’espressione più alta di maturità psichica e spirituale a cui una persona può giungere.

 

La “vocazione all’amore”: chiamata specifica per ogni donna

È importante quello che Giovanni Paolo II scrive nella Mulieris Dignitatem, sempre sul tema della donazione: “La dignità della donna si collega intimamente con l’amore che ella riceve a motivo stesso della sua femminilità ed altresì con l’amore che a sua volta dona. Viene così confermata la verità sulla persona e sull’amore. Circa la verità della persona, si deve ancora una volta ricorrere al Concilio Vaticano II: «L’uomo, il quale in terra è la sola creatura che Iddio abbia voluto per se stessa, non può ritrovarsi pienamente se non mediante un dono sincero di sé». Questo riguarda ogni uomo, come persona creata ad immagine di Dio, sia uomo che donna. L’affermazione di natura ontologica qui contenuta indica anche la dimensione etica della vocazione della persona. La donna non può ritrovare se stessa se non donando l’amore agli altri” (n. 30).

Il Pontefice rileva che la dignità della donna sta nell’amore, amore che ella riceve ma che poi necessariamente ridona: il ricevere amore è semplicemente “la base” per poter amare. La persona adulta non smette di sentire il bisogno di ricevere amore, ma è anche capace di donare amore agli altri. Questa vocazione all’amore è propria di ogni essere umano; ma, come ben si capisce dalla Mulieris Dignitatem, è chiamata ancora più specifica per la donna, la quale porta come inscritta in sé questa capacità e allo stesso tempo questa necessità di amare e di donarsi agli altri. C’è anche da ricordare che la donna, proprio per la sua maternità - che fa parte del suo “DNA” - è anche, più dell’uomo, portata al sacrificio, in quanto è caratteristica propria di ogni madre quella di sacrificarsi per i figli.    (continua)

 

 

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