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La vera FORTEZZA è la FEDE in Gesù

RITA DONNA DEL NOSTRO TEMPO

di Carolina Quartulli

Avevo sette anni quando –per la prima volta- ho sentito il nome di Santa Rita.

Era una mattina d'estate, la scuola era già finita e io trascorrevo qualche ora nella mia seconda casa, cioè dalle suore Clarisse Francescane, dove anche mia madre aveva trascorso la sua vita da ragazza, sino al matrimonio, imparando l'arte del ricamo e a pregare.

Un giorno, arrivò una donna con un bambino, piangeva; la madre superiora l'accolse e si appartarono a parlare. Finito il loro colloquio, mentre la accompagnava verso l'uscita, sentii dire: «Affidati a Santa Rita, prega, lei è la Santa delle cause impossibili».

Io, bambina, continuai a giocare con le mie coetanee, ignara che nella mia memoria sarebbe rimasto impresso, indelebile, quel consiglio a cui tante volte ho fatto ricorso nella mia vita.

Santa Rita è una delle sante più amate in Italia e nel mondo, la sua figura è oggetto di un’immensa devozione popolare, dal momento della sua morte fino ai giorni nostri.

In occasione del sesto centenario della nascita della santa, il papa san Giovanni Paolo II scriveva: «Perché Rita è Santa? Non tanto per la fama dei prodigi che la devozione popolare attribuisce all'efficacia della sua intercessione presso Dio onnipotente, quanto per la stupefacente “normalità” dell'esistenza quotidiana, da lei vissuta prima come sposa e madre, poi come vedova ed infine come monaca agostiniana».

Questo pensiero di san Giovanni Paolo II sottolinea come santa Rita sia stata una di noi, una nostra sorella, che ci ha preceduto, vivendo sì una vita normale, sempre al fianco dei suoi figli, specialmente nel dolore e nelle prove della vita, ma sostenuta della luce e della presenza di Dio.

La vita di Rita quindi, è stata una vita semplice. Nata nel 1381 a Roccaporena, frazione di Cascia, fu seguita amorevolmente dalla sua famiglia nell'educazione e istruita dai padri Agostiniani, presenti lì sul territorio. Ella accettò con obbedienza anche le scelte familiari, divenendo sposa in giovane età; tra i 17-18 anni, infatti, sposò Paolo di Ferdinando Mancini, un giovane comandante di guarnigione.

La sua vita di sposa fu una vita piuttosto inquieta. Dovette subire il carattere del marito, ma con tenacia e dolcezza riportò serenità nel suo matrimonio, aiutando il marito a vivere una vita più cristiana, ed il Signore benedì la loro unione con la grazia di due bambini gemelli.

Dopo 18 anni di vita insieme, la gioia e la serenità della famiglia venne però tragicamente sconvolta con l'assassinio del marito. Ella, tuttavia, perdonò chi le procurò tanto dolore, spezzando così quella catena di odio e di vendetta, e con il suo gesto cercò di sensibilizzare i figli a sentimenti di pace e di perdono, affinché la loro anima restasse pura e non si macchiasse di atrocità.

La sua forza era la preghiera, il suo confidente era Dio; a Lui affidò i suoi figli, chiedendo al Signore che li prendesse con Sé, qualora ci fosse stata in loro un’intenzione di vendetta, macchiandosi di un peccato mortale e mettendo a repentaglio la salvezza della loro anima. I due fratelli morirono dopo un anno dalla morte del padre, e Rita rimase sola a soli trent'anni.

Donna di pace, dedita alla preghiera, donna coerente all'insegnamento di Cristo. In cuor suo, cominciò però a riaffiorare il desiderio di seguire quella vocazione che aveva desiderato ancor prima che andasse in sposa: mettere la sua vita a servizio di Dio, farsi monaca.

Non fu facile e più volte le fu negato l'ingresso in monastero. Una disposizione del tempo ordinava, infatti, che una vedova senza figli non potesse farsi monaca senza il consenso dei parenti; non poteva dunque avvenire se non risanando i rapporti familiari. Fu una pace sofferta quella che cercò Rita, ma la ottenne seppur attraverso tante umiliazioni; ella non si scoraggiò davanti alla durezza dei cuori, perché era certa di avere il Signore con Lei. Le sue parole, infatti, erano il riflesso del suo amore per Gesù. La sua fede, dunque, fu ascoltata - «Se avrete fede quanto un granellino di senapa, potreste spostare anche una montagna...» (Lc 17,5-10) - ed ella entrò in monastero all'età di 37 anni e, come è scritto sulla sua urna solenne: «Tutta a Lui si diede».

Trascorse quarant'anni della sua umile vita in monastero, sconosciuta per il mondo, ma sempre più intima a Dio. La sera del Venerdì Santo del 1442, Cristo la unì anche alla Sua passione, facendole dono della stigmata della spina della Sua corona. Anche Rita dunque ebbe la sua “ora”, finché il suo corpo, stanco e disfatto per le sofferenze fisiche e l'età avanzata, lasciò la vita terrena il 22 maggio 1457.

Strada di umiltà la sua, d’ascolto autentico dell'altro, d’accettazione della sofferenza non per rassegnazione ma per amore a Cristo. Ella seguì Cristo non perché ne aveva visto i miracoli, ma perché credette con forza alla parola di Dio: «Andate anche voi nella mia vigna» (Mt 20,1-16).

Discepola del Crocifisso ed esperta nel soffrire, imparò a capire le pene del cuore umano, così da diventare avvocata dei poveri e dei disperati, ottenendo per chi la invoca innumerevoli grazie di consolazione e di conforto. Una moltitudine di devoti attinge alla sua scuola, perché nel cammino quotidiano, fatto di gioie e pene, la si sente amica, sorella, madre. Impariamo da lei, che uniformata a Cristo Crocifisso, realizzò le parole di Sant'Agostino: «Dove c'è l'umiltà, ivi è la maestà; dove c'è la debolezza, ivi è la potenza; dove la morte, ivi la vita. Se vuoi raggiungere queste, non disprezzare quelle» (Discorso 160).

Santa Rita ci conduca per mano per non perdere mai quella forza spirituale che ci permette di continuare a sperare e di lottare per vincere ogni genere di male con il bene e ci dia sempre la vera fortezza, che è la fede in Gesù.

 

 

 

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