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LASCIÒ LE 99 PECORE NEL DESERTO

di P. Luis Dias icms

In questo tempo di Quaresima siamo chiamati a riflettere in modo particolare sulla Misericordia di Dio e su come il Signore è sempre, costantemente, alla ricerca dell’uomo, soprattutto del peccatore, che ha smarrito la strada per ritornare a Lui.

Ai bambini del catechismo una delle parabole che resta impressa nella loro memoria con più facilità è quella della pecorella smarrita. Il racconto proveniente dalle labbra di Gesù ci illustra la situazione in cui un pastore, proprietario di un cospicuo gregge con un centinaio di pecore, si accorge che il numero degli animali non corrisponde al solito conteggio, ma che si trovi mancante di un elemento. A un pastore trascurato e superficiale tale differenza, pur dispiacendo perché a livello economico si tratta comunque di una perdita, non turba troppo, anche perché lo sforzo e il tempo richiesti per cercare l’unità mancante possono superare di gran lunga il ricavato materiale nel trovarla e, soprattutto, perché non è detto che la ricerca finisca con un effettivo ritrovo.

Il Buon Pastore

Invece il Buon Pastore di cui ci parla Gesù non ci pensa due volte e subito lascia le 99 pecore nel deserto per andare in cerca di quella che manca. La cerca perché per Lui non si tratta semplicemente di un elemento in più (o in questo caso in meno), ma perché per Lui ogni “pecora” conserva in sé un valore unico e infinito, che Lui è disposto a pagare con il suo stesso Sangue.

    La parabola della pecora smarrita rimane impressa ai bambini sia per la presenza degli animali che attraggono in modo particolare la sensibilità infantile, ma soprattutto, perché mette in risalto la tenerezza che Dio prova nei confronti di ognuno dei suoi figli, anche di coloro che, inoltrandosi nella via del peccato, si allontanano da Lui. Cosa cerca di trasmettere il Signore per mezzo di questo racconto? Che Lui, Gesù, è l’autentico Buon Pastore che non perde mai d’occhio le sue pecorelle perché tutti desidera nei pascoli della vita eterna, per godere della perfetta beatitudine, al cospetto di Dio e della Mamma Celeste.

Questa parabola ha dato origine a una delle raffigurazioni di Gesù più antiche nell’arte cristiana che è quella del Buon Pastore, nella quale solitamente è presente Gesù con un agnello sulle spalle. L’agnello in questa situazione è simbolo dell’anima che si è lasciata conquistare dall’amore di Dio e perciò percorre con la forza di Cristo una via che altrimenti sarebbe molto più faticosa se non addirittura impossibile. Questa immagine era particolarmente cara a Santa Giacinta di Fatima che, volendo imitare letteralmente Gesù, si addentrava in mezzo al gregge di cui era pastorella, prendendo in braccio un agnellino.

E le 99 pecore lasciate nel deserto…

Ma le 99 pecore lasciate nel deserto? Quelle che non si sono allontanate dal gregge sono per caso oggetto di trascuratezza da parte del Buon Pastore? Sarebbe un’inconciliabile contraddizione se così fosse. Dall’amore che Gesù ha per la sua Chiesa, l’autentico gregge di Cristo, sappiamo che Lui non solo non la trascura, ma che depone una fiducia immensa su di essa. In realtà Egli non abbandona le 99 pecore nel deserto, ma le affida une alle altre affinché si custodiscono mentre Lui “manca”. Le pecore rimaste persevereranno nella attesa del Pastore nella misura in cui resteranno unite. Le divisioni, introdotte sempre dal giurato nemico dell’umanità, il diavolo, contribuiranno solamente all’aumento del numero delle pecorelle smarrite col rischio per la loro salute eterna.

L’atteggiamento necessario alla pecora smarrita

La parabola della pecorella smarrita, che ci parla della natura amante di Dio nei confronti di tutti gli uomini, anche dei peggiori peccatori, ci fa comprendere meglio anche l’atteggiamento che deve avere l’anima che si è allontanata da Dio. Il pastore che cerca una pecora smarrita la cerca con lo sguardo, ma soprattutto con l’orecchio facendosi attento agli eventuali richiami che l’animale, vedendosi perduto, emette nell’attesa di essere ritrovato. La pecora che rimane muta rischia di non farsi ritrovare e rimanere nel suo stato di smarrimento con tutte le conseguenze che da esso possono derivare. Allo stesso modo per poter ritrovarci sulle spalle del nostro Buon Pastore dobbiamo avere il coraggio di gridare la nostra richiesta di aiuto rivolgendoci a Lui con tutto il nostro animo. Nella storia della Salvezza ci lascia sgomenti come Dio abbia permesso che il suo popolo rimanesse schiavo in Egitto per 400 anni. Tuttavia, se leggiamo attentamente, ci rendiamo conto che solo alla fine di 400 anni la discendenza di Israele gridò la sua sofferenza chiedendo l’intervento liberatorio di Dio. Per tutto quel tempo si erano come “accostumati” a quella situazione e non avevano cercato veramente l’aiuto di Dio.

È opportuno allora riflettere se anche noi ci stiamo rivolgendo a Dio con tutto il nostro cuore, mediante la preghiera e la penitenza, per chiedergli le grazie che tanto ci mancano e che mancano alla nostra nazione e alla Chiesa. Guardare Gesù Buon Pastore ci deve ricordare della nostra condizione di “pecorella smarrita” e risvegliare in noi il desiderio della preghiera per ottenere ciò che umanamene ci sembra impossibile, ricordandoci le parole di Gesù: “Impossibile agli uomini, ma non a Dio!” (Mc 10, 27).

 

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