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NULLA COME VERITÀ CHE SIA PRIVO DI AMORE NULLA COME AMORE CHE SIA PRIVO DI VERITÀ

di Sr. M. Paola Lanzilotti icms

Santa Teresa Benedetta della Croce è meglio conosciuta con il nome di Edith Stein. Un nome che spaventa, per l’altezza della sua statura, umana e spirituale. Generalmente ciò che si conosce di lei è che si convertì dall’ateismo al cattolicesimo e che morì nel campo di concentramento di Auschwitz-Birkenau, perché proveniente da una famiglia ebrea. Tutt’al più si sa che era una filosofa e questo può scoraggiare quanti volessero approssimarsi alla lettura delle sue Opere, ritenute forse troppo impegnative.

Queste informazioni ci danno però un’immagine molto limitata di Edith Stein e non le fanno onore, poiché non ci permettono di conoscerla nella sua interezza. 

Di lei è stato scritto che sotto l’abito da Religiosa rimase sempre una filosofa. Mi piacerebbe mettere in luce, però, come dietro la filosofa ci fosse una donna dalla squisita sensibilità e dalla femminilità decisa e dolce. A mio parere, Edith Stein raggiunse nella sua persona uno splendido equilibrio tra due estremi: tra quello di chi “esagera” nei ragionamenti e quello di chi si lascia guidare unicamente dalle proprie emozioni.

Guidata dalla Grazia, arrivò a conoscere bene l’arte di PENSARE CON IL CUORE.

Nacque a Breslavia (nell’attuale Polonia) il 12 Ottobre 1891, in una famiglia ebrea molto praticante. Aveva solo diciannove mesi quando perse il papà, stroncato da un infarto.

Dio le donò un’intelligenza acutissima. Già da bambina dimostrò un carattere forte e fermo. Edith odiava andare all’asilo, perché lei era intellettualmente molto più avanti delle altre bambine della sua età. Voleva andare alla “scuola dei più grandi”. Iniziavano già a delinearsi i suoi desideri.  E questa è una prima caratteristica importante: era una sognatrice, animata da una viva passione per la Verità, che la spingeva senza freni verso il raggiungimento di quanto si proponeva come obiettivo. Sapeva di essere nata per qualcosa di grande, anche se all’inizio non era del tutto chiaro quale fosse la meta. Fu questa passione interiore a guidarla, passo passo, verso la pienezza tanto desiderata, che a un certo punto assunse un nome: Gesù Cristo.

In casa era una ragazza affettuosa e sensibile, si prendeva cura dei familiari, dei nipotini. Niente la lasciava indifferente, ma tutto ciò che succedeva all’esterno la toccava, la commuoveva, la feriva. E tutto diventava motivo di riflessione. Pensieri custoditi gelosamente nel cuore.

A 13 anni iniziarono le prime “turbolenze esistenziali”. Lasciò la scuola per poi riprenderla un anno dopo. E lasciò anche la fede della sua famiglia. Le funzioni alla sinagoga, la preghiera, l’osservanza ebraica le procuravano poca commozione, poca soddisfazione. Divenne atea e si dedicò interamente agli studi. Nel 1911 iniziò l’Università, una novità per le donne di quei tempi. Studiava storia e letteratura tedesca, ma anche filosofia e psicologia. Sognava di insegnare.

L’incontro con il professor Edmund Husserl, maestro della Fenomenologia, fu una svolta importante. Si trasferì nell’Università di Gottinga per poter seguire meglio colui che divenne il suo maestro e di cui fu anche assistente.

In quegli anni la vita di Edith fu un vortice di studi, riflessioni, confronti con gli amici dell’Università. Gli esami, la tesi...  e, al di là di tutto questo, il sogno di formarsi una famiglia, l’anelito a un amore che fosse per sempre. In quegli anni scoppiò la Prima Guerra Mondiale, tutti i suoi amici andarono al fronte. Edith soffriva per questo e decise di raggiungerli, partendo come volontaria della Croce Rossa. Scelse di andare in prima linea, lì dove si trovava un giovane compagno di Università, che le interessava particolarmente. Fu il suo unico amore umano e non fu corrisposto: questo particolare è forse una sorpresa per quanti, oggi come ieri, pensano di lei che fosse fredda, inavvicinabile e orgogliosa, dedita solo allo studio e al lavoro.

Non c’era niente – né tempo, né circostanze – che non vivesse con intensità. Lottava per quello che credeva e mantenne sempre la libertà interiore, insegnatale dalla mamma. Anche questa è una caratteristica importante della sua personalità: Edith vive in prima persona la sua vita, con maturità e responsabilità. Una prova di questo fu la separazione da Husserl: il pensiero del maestro si fermava all’obiettività delle cose, mentre Edith – che non rielaborava pensieri altrui, ma li valutava, arricchendoli e sviluppandoli – già intravedeva che c’era dell’Altro.

Fu proprio grazie al suo percorso filosofico, nel procedere della retta ragione, e alla lettura della vita di S. Teresa d’Avila, che arrivò a chiedere il battesimo nella Chiesa Cattolica, già in previsione della Vita Religiosa. Commovente fu il momento in cui rivelò la sua decisione alla madre, che non capì la sua scelta; piansero abbracciate l’una all’altra.   

Edith Stein fu una ragazza brillante, amante della vita, studentessa appassionata, insegnante modello, professionista del suo tempo (una delle prime donne a tenere conferenze di un certo livello); filosofa instancabile, approdò alla pace della contemplazione che sperimenta chi incontra Colui che ha sempre cercato e con Lui si lanciò verso nuove mete.

Il 14 ottobre 1933, a 42 anni, entrò nel Carmelo di Colonia. Il cammino non fu facile, se pensiamo che era la più grande delle Novizie – con una vita impegnata e indipendente alle spalle – e che era un personaggio noto. Non smise di “filosofare”; i superiori le chiesero di continuare la stesura delle sue opere e di scriverne di nuove, nell’approfondimento del Carisma carmelitano; riceveva quanti cercavano di confrontarsi con lei.

Dei suoi giorni a Auschwitz si sa poco: tocca il nostro cuore il pensiero di Sr. Teresa Benedetta della Croce che si occupa dei bambini, lasciati soli dalle mamme in preda alla disperazione, in quei terribili giorni. Lei non disperò: adesso conosceva bene Colui a cui si era donata, che amava e da cui era amata infinitamente.

L’aveva tanto cercato e ora si univa a Lui, nell' offerta di tutta se stessa.

 

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