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Pellegrinaggio a ORVIETO-BOLSENA

DAL DUBBIO AL MIRACOLO

di Sr. Patrizia Innocente icms

Ogni anno, al termine dei vari turni della settimana di Formazione Permanente, organizzata dagli Istituti dei Servi e delle Serve del Cuore Immacolato di Maria, viene scelta una meta per una gita- pellegrinaggio conclusiva, per trascorrere insieme una giornata di fraternità. Questa volta, ci siamo diretti verso Orvieto e Bolsena, legate tra loro dallo stesso Miracolo Eucaristico.

Nel 1263, infatti, accadde che un sacerdote boemo, conosciuto come Pietro di Praga, di ritorno da un pellegrinaggio a Roma – da lui stesso voluto e intrapreso, per chiedere al Signore di aumentare la sua fede nella Sua presenza reale nell’Eucarestia – fece tappa a Bolsena, sostandovi per celebrare la S. Messa sulla tomba di S. Cristina. Quand’ecco che, durante la consacrazione, l’ostia che aveva tra le mani divenne carne viva e sanguinante, proprio mentre il sacerdote boemo era oppresso da tremendi dubbi, proprio sulla presenza reale di Cristo.

Spaventato dal fatto improvviso, il celebrante interruppe il rito e cercò di nascondere l’accaduto, andandosene con l’ostia prodigiosa nascosta nel corporale e nella tovaglia dell’altare, di cui aveva fatto un fagotto. Nel compiere questo gesto, però, alcune gocce del Sangue del Signore caddero sull’altare stesso e sui gradini adiacenti (le macchie sono ancora visibili ed esposte a Bolsena alla venerazione dei fedeli).

Così, Pietro di Praga si recò ad Orvieto, che a quel tempo era la sede apostolica di papa Urbano IV, per mostrargli quel grande miracolo, che aveva appena potuto constatare con i suoi stessi occhi. Al vedere quel sacerdote con un segno così evidente tra le mani, il Vicario di Cristo si ricordò del periodo che aveva trascorso a Liegi, dove, Sr. Giuliana di Cornillon, nel 1222, aveva scritto una “petizione” a lui (a quel tempo arcidiacono in quella diocesi), a Hughes de Saint-Cher e a Roberto di Thourotte, Vescovo della città, perché si istituisse una festa proprio in onore della presenza reale di Gesù nell’Eucarestia.

Che cosa era successo a Liegi?

Già da tempo Sr. Giuliana di Cornillon, monaca agostiniana, aveva una visione ricorrente: una luna piena, bellissima e luminosissima, che presentava però delle macchie oscure. Più tardi vide che era Gesù stesso a reggere quella luna, e per anni non prese in considerazione la cosa, dato che i confessori a cui si era rivolta per ricevere consiglio, le suggerivano di non dare troppo peso ad una visione del genere. Si pensò, infine, di risolvere il significato misterioso di quell’immagine, che si ripresentava alla Suora insistentemente, nonostante tutto, comandandole di chiedere allo stesso Gesù che cosa volesse dire con quella manifestazione davvero insolita.

La risposta non si fece attendere: la luna era la Chiesa, al cui fulgore mancava la celebrazione liturgica della presenza reale di Cristo nel Santissimo Sacramento, di cui gli uomini troppo spesso si dimenticano. Ecco il motivo della petizione del 1222: ma, per arrivare ad ottenere quanto richiesto dal Signore, occorrerà attendere fino al 1247, anno in cui Roberto di Thourotte, vescovo di Liegi, convocato un Concilio nella sua diocesi in merito a tale questione, stabilì che nel territorio sottoposto alla sua cura pastorale si festeggiasse, per la prima volta nella Chiesa, la memoria del Corpo e del Sangue di N. S. Gesù Cristo, oggi chiamata: festa del “Corpus Domini”.

E tutto sembrò finire così, almeno finché un sacerdote boemo e sconosciuto non bussò alla porta della sede papale di Urbano IV, dopo quasi vent’anni dal succedersi degli eventi, appena qui descritti, accaduti a Liegi. Un fatto provvidenziale e tutt’altro che casuale: Dio illuminava le tenebre del dubbio, per indicare la strada con più forza, perché gli uomini la percorressero con maggiore sicurezza e portassero a pieno compimento ciò che Lui stesso aveva chiesto loro di fare. E il Pontefice lo comprese chiaramente, estendendo la Solennità del “Corpus Domini” alla Chiesa universale nel 1264, senza far attendere oltre il Cielo, che aspettava, con pazienza infinita, che il Suo Disegno divino si realizzasse.

Quello che vuole il Signore prima o poi lo compie, ma non lo fa senza la collaborazione delle sue creature, sebbene siano piccole e fragili, capaci di ingannarsi e di ingannare e di cadere ad ogni istante. Chi di noi non ha sperimentato, almeno una volta nella vita, questa condizione comune ad ogni essere umano sulla faccia della terra? Come regolarsi, allora, per non essere d’impedimento a Dio? Come corrispondere al Suo Amore sconfinato, che l’ha portato non solo a farsi piccolo Bambino, bisognoso in tutto come noi, ma ad immolarsi sulla Croce e a continuare tale immolazione in ogni S. Messa, in ogni tempo, su tutti gli altari del mondo? E tutto questo unicamente per vederci salvi ed eternamente felici con Lui, essendo questa la Sua Volontà e il Suo supremo desiderio, in ogni Sua azione e richiesta.

Un Dio si piega verso la Sua creatura... e noi? Quanta fatica facciamo nel piegarci alla Sua Volontà! Come non sentirci “un nulla”, davanti alla magnanimità del Signore? È tutto perduto? Le nostre fragilità sarebbero davvero un ostacolo insormontabile alla Provvidenza?   

Leggiamo, nel diario spirituale della B. Maria di Gesù Deluil-Martiny, questa risposta alle nostre domande:

“Occorre abbandonare la nostra anima alla misericordia di Dio, quando tutto sembra perduto per le nostre cose interiori; occorre abbandonare il nostro corpo alla volontà crocifiggente di Nostro Signore e cooperarvi al meglio, malgrado i timori, le paure e le ripugnanze, anche ragionevoli in apparenza, della natura, quando Nostro Signore manifesta questa volontà. Senza questo completo e duplice abbandono, non si appartiene interamente a Nostro Signore. Come Nostro Signore è signore di donare all’anima e al corpo tutto ciò che vuole, non si rischia nulla nell’abbandonarsi pienamente a Lui.”

Che cosa significa?

Che tutto quello che viviamo è un’occasione che il Signore ci dà per essere crocifissi con Lui ed essere corredentori con Lui, completando nella nostra carne ciò che manca alla Sua Passione. Tutto questo sarà più facile se lo vivremo uniti a Lui.

Ascoltiamo ancora quello che dice la B. Maria di Gesù Deluil-Martiny:

“[L’anima] riconosce che tutto ciò che offre di sé è nulla; essa getta dunque tutto ciò che è e tutto ciò di cui è capace nel Cuore di Colui che supplirà a tutto ciò che le manca per rendere a Dio una lode adeguata alla Sua Maestà. [...] È per il Cuore di Gesù, Mediatore supremo, che essa loda, prega, ama, ringrazia, ripara e raggiunge i più alti vertici del piano divino nella Redenzione... [...] ... Non solo occorre offrire Gesù, occorre ancora immolarsi, lasciarsi immolare di continuo con Lui, compiere ciò che manca in noi alla Sua Passione.”

Lasciamoci spezzare con la stessa docilità e umiltà con la quale il Figlio di Dio si lascia spezzare nelle mani del Sacerdote, per mettere nelle mani di Dio il nostro piccolo nulla. Sarà allora che permetteremo al Signore di servirci di noi come Lui vuole, per compiere in tutte le Sue creature il Suo progetto di Salvezza, proprio come ha fatto la Vergine Maria.

 

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