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«QUI HO POSTO PER TE IL MIO BACIO PIÙ ARDENTE»: I CONIUGI BELTRAME QUATTROCCHI

di Giada M. Montalto

Parlare dei coniugi Luigi e Maria Beltrame Quattrocchi – cosa per nulla facile – significa cercare un tesoro che loro due hanno ben saputo tener nascosto, per quel naturale pudore che ogni coppia di sposi deve vivere, perché nell’intimità della coppia nessuno deve entrare. Eppure, la Chiesa li considera beati, esempio da imitare (precisando che si tratta della prima coppia canonizzata di sposi non martiri) e, quindi, modello di quanto possa essere divino e divinizzante un amore carnale consacrato, tra due battezzati, nel vincolo sacro del matrimonio.

Luigi Beltrame nacque a Catania il 12 gennaio 1880: adottato da uno zio senza figli, che gli diede il suo cognome (Quattrocchi), si trasferì a Roma dove studiò Giurisprudenza e, soprattutto, conobbe Maria Luisa Corsini (nata a Firenze il 24 Giugno 1884), figlia unica di genitori fiorentini. I due, dopo essersi incontrati per mezzo delle loro famiglie, scelgono di frequentarsi per conoscersi. Per Luigi, l’incontro con la giovane Maria fu un punto di sostegno, perché grazie al suo carattere, forte e autentico, ebbe modo di ascoltare «verità belle e schiette». Poco dopo, però, Luigi si ammalò di una grave forma di gastroduodenite: questo periodo servì ai due per crescere nella fede. Purtroppo, più passava il tempo più Luigi peggiorava e così, Maria, viste le gravi condizioni e temendo la morte di Luigi, scelse di cercare un aiuto più valido dei mezzi umani: consacrò Luigi alla Vergine Maria, mediatrice infallibile. Fu la malattia ad aver permesso una maggiore crescita spirituale di Luigi. Guarì in breve tempo e così, il 15 marzo 1905, i due si svelarono i reciproci sentimenti e il 31 dello stesso mese ebbe luogo il fidanzamento ufficiale. Maria e Luigi tessero il loro amore in Dio come emerge da un ricco epistolario che tutt’ora è conservato e custodito, perché considerato una fonte unica per comprendere l’affetto tra un uomo e una donna. Dalle lettere emerge la bellezza del loro amore e la ferma volontà di posporre i loro sentimenti al primato di Dio.

Il 25 novembre 1905 fu celebrato il matrimonio a Roma: si promisero fedeltà e si scambiarono il desiderio di creare una famiglia cattolica, con lo scopo di mettere Nostro Signore al centro del loro amore per educare i figli con una fede autentica e vera. Dalla loro unione nacquero quattro figli: Filippo nel 1906 (in seguito don Tarcisio), Stefania (in seguito suor Cecilia), Cesare nel 1909 (Religioso anche lui, con il nome di padre Paolo) ed Enrichetta il 6 Aprile 1914. Fu quest’ultima gravidanza, molto complessa per Maria, che mise a serissimo repentaglio la sposa, con grandi probabilità che la creatura non potesse sopravvivere. In quella occasione, un noto ginecologo consigliò di abortire, ma la loro fede li fece agire con fermezza e determinazione rifiutando tale proposta: e il Signore, vista la loro totale fiducia, agì con benevolenza, facendo vivere madre e figlia esenti da ogni complicazione.

La loro vita familiare fu accompagnata e guidata, passo dopo passo, da una guida spirituale: padre Pellegrino Paoli. Costui divenne per Maria – e a poco a poco anche per Luigi – un punto di riferimento. I caratteri dei due non erano affatto simili, spesso si ritrovavano a discutere poiché all’uno e all’altro piaceva partire da posizioni e punti di vista differenti, ma ciò che alimentava il loro amore era la sincerità, l’allegria, la fiducia e l’amore verso Dio. E, grazie alla presenza della loro guida spirituale, i due caratteri furono temprati e l’esercizio delle virtù fece in modo che si respirasse maggiormente il profumo di santità nel loro focolare domestico. Oltre ad offrire il loro amore alla famiglia, si dedicarono all’apostolato accogliendo coniugi in difficoltà, sacerdoti o suore in crisi spirituale, oltre a persone disagiate: tutto a maggior gloria di Dio! E così, come Dio era stato buono con loro rendendoli fecondi e facendoli crescere nella fede, così aiutavano il prossimo mettendo la loro vita a servizio di tanti. Gli anni passavano e i figliuoli crescevano, forti fisicamente e spiritualmente, grazie a questi due genitori che al mattino si avvicinavano alla balaustra per fare la Santa Comunione e non andavano a dormire senza prima aver pregato il Rosario insieme alla famiglia. Il tutto grazie all’autorità di Luigi, sempre determinata e al contempo docile: un uomo che non cominciava mai il pranzo, chiunque fosse ospite, senza segnarsi e recitare in piedi la preghiera dell’Angelus; che dedicava il tempo libero alla moglie e ai figli, rifiutando più volte cariche importanti per non agire contro coscienza. Suo obiettivo principale era trasmettere la fede ai suoi figli; una fede che lui – a sua volta – aveva ricevuto dalla sua Maria. L’educazione che Maria e Luigi impartirono ai figli influì certamente nella scelta della loro vocazione. Maria, nonostante amasse profondamente i suoi figli con inesausta tenerezza, insegnò loro ad allontanarsi da lei e fece di tutto affinché l’affetto dei figli si incanalasse interamente verso l’Alto.

Il fulcro della spiritualità dei coniugi Quattrocchi è incentrato sulla “fedeltà nel minimo”, sulla “dedizione integrale nei sacrifici piccoli e grandi” e nel “dare sempre il meglio” in ogni circostanza della vita. La storia di Maria e Luigi rispecchia pienamente l’insegnamento che Pio XI diede ai genitori cattolici nell’enciclica Casti Connubii, in cui afferma che lo scopo di due sposi cattolici non dev’essere solo quello di «propagare e conservare nella terra il genere umano» ma anche quello di «educare dei cultori del vero Dio e procurare prole alla Chiesa di Cristo» (Pio XI, Casti Connubii I).

Mi auguro che l’esempio dei coniugi Quattrocchi – le cui spoglie mortali riposano nel Santuario del Divino Amore, a Roma – sia luminoso per i giovani che aspirano al matrimonio e per le coppie di sposi, affinché possano rispondere pienamente alla propria vocazione sponsale (con la totale apertura alla vita) e nutrire la loro unione fino alla fine, attraverso l’amore per l’Eterno.

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