Pillole di SpiritualiTà
Il Rosario si pone nella migliore e più collaudata tradizione della contemplazione cristiana. (San Giovanni Paolo II)
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La gratitudine – II parte
Tratto dal sito “Opus Dei” - II parte
TUTTO È PER IL BENE
Ricordarsi di ringraziare per le cose buone che Dio ci dà è già di per sé una sfida. Che dire delle cose meno gradevoli? «Perché ti hanno disprezzato»: perché ti hanno trattato con freddezza, con indifferenza; perché ti hanno umiliato; perché non hanno apprezzato i tuoi sforzi... «Perché non hai ciò di cui hai bisogno o perché lo hai». È quanto meno sorprendente la tranquillità con la quale avere e non avere qui appaiono sotto lo stesso segno. È davvero possibile ringraziare Dio per la mancanza di salute, di lavoro, di tranquillità? Rendere grazie perché ti manca tempo – quante volte questo ci fa soffrire –; perché ti manca il coraggio, le forze, le idee; perché questo o quello ti è riuscito male... Ebbene sì: anche allora, ci dice san Josemaría, rendi grazie a Dio.
Ringraziare per le cose negative non equivale a non vedere, ma a vedere oltre.
Ringraziare per le cose negative, naturalmente, non è cosa spontaneamente facile. In realtà, in un primo momento può sembrare anche una cosa teatrale o anche ingenua: come se negassimo la realtà, come se cercassimo consolazione in... un racconto per bambini. Eppure, ringraziare in queste situazioni non equivale a non vedere, ma a vedere oltre. Abbiamo difficoltà a ringraziare perché avvertiamo la perdita, la contrarietà, il guaio. Il nostro sguardo è ancora molto legato alla terra, come succede al bambino al quale sembra che il mondo sia crollato perché gli si è rotto un giocattolo, perché ha inciampato o perché vorrebbe continuare a giocare. Al momento è un piccolo dramma, ma poco dopo sicuramente non ci penserà più. «Nella vita interiore è assai vantaggioso a noi tutti essere [...] come quei piccoli che sembrano fatti di gomma, che sanno godere persino dei loro capitomboli, perché si rimettono subito in piedi per continuare le loro scorribande e perché hanno anche, se è necessario, il conforto dei genitori».
La gratitudine di cui ci parla san Josemaría non è una sorta di cappa che copre le cose sgradevoli, come per magia, ma un gesto con il quale eleviamo lo sguardo a Dio nostro Padre, che ci sorride. Così si fa strada la fiducia, un abbandono che mette in secondo piano la contrarietà, benché ci continui a pesare. Essere grato quando qualcosa ci rincresce significa accettare: «La maniera migliore di esprimere gratitudine a Dio e alle persone è accettare tutto con gioia». Sicuramente la prima cosa che viene fuori non è un grido di gioia; probabilmente tutto il contrario. Anche così, benché l’anima si ribelli, ringraziamo: «Signore, non è possibile..., non può essere..., però grazie»; accettiamo: «io vorrei avere più tempo, più forze..., io vorrei che quella persona mi trattasse meglio..., io vorrei non avere questa difficoltà, questo difetto. Però Tu ne sai di più». Chiediamo a Dio di aggiustare le cose come sembra a noi che debbano essere, ma rasserenati dal fatto che Egli sa quello che fa e che trae il bene da dove forse noi vediamo soltanto negatività.
Per essere grati delle cose negative, sempre con parole dello stesso tipo del «grazie per tutto», è necessario «credere come credono i bambini, amare come amano i bambini, abbandonarsi come sanno abbandonarsi i bambini». Al di là della forma particolare che assume questo abbandono nella vita interiore di ciascuno, questo atteggiamento prospetta la convinzione che davanti a Dio siamo molto piccoli e che lo sono anche le nostre cose. Malgrado questo, al Signore appaiono importanti, a Lui più che a nessun altro al mondo. Nasce da qui, in realtà, la gratitudine di sapersi amato: grazie perché stai qui accanto a me; grazie perché queste cose a Te importano. Pur nell’apparente lontananza di Dio, avvertiamo allora la sua vicinanza: lo contempliamo nella vita ordinaria, perché i problemi fanno parte della vita ordinaria. Nascosto tra le avversità, nasce così il motivo più profondo per cui ringraziamo per le cose buone e per le cose cattive: grazie, perché dovunque scopro l’Amore. Il vero motivo del ringraziamento, la radice stessa del ringraziamento, è che Dio mi ama e che tutto nella mia vita è occasione di amare e di sapermi amato.
Nella sofferenza per quello che ci manca, per l’indifferenza, per i difetti, per le conseguenze dei nostri errori... si nascondono, dunque, le opportunità per ricordare, per risvegliare in noi l’Amore di Dio. Ci rendiamo conto che, sebbene ci costi rinunciare a certe cose, sebbene ci costi accettare il dolore o le limitazioni, che cosa ci toglie tutto questo, in fondo, se abbiamo l’Amore di Dio? «Chi ci separerà dall’amore di Cristo? Forse la tribolazione, l’angoscia, la persecuzione, la fame, la nudità, il percolo, la spada?» (Rm 8, 35).
In tal modo appare possibile rendere «grazie per tutto, perché tutto è buono». La follia cristiana di essere grati di tutto trae origine dalla filiazione divina. Chi si è reso conto di avere un Padre che lo ama, in realtà, non ha bisogno di altro. A un Padre buono, soprattutto. si è grati. Così è l’amore di Gesù per suo Padre: Gesù è totalmente grato, perché ha ricevuto ogni cosa da suo Padre. D’altra parte essere cristiano vuol dire entrare in questo amore, in questa gratitudine: Ti rendo grazie, Padre, perché mi ascolti sempre (cfr. Gv 11, 41-42).
NON DIMENTICARE DI RINGRAZIARE
«Benedici il Signore, anima mia, non dimenticare tanti suoi benefici» (Sal 103, 2). Nella Scrittura Dio ci invita spesso a ricordare, perché sa che abitualmente viviamo immemori, come i bambini che mentre giocano non si ricordano dei loro genitori. Dio lo sa e lo comprende. Ma ci attira dolcemente tra le sue braccia e ci sussurra in mille modi: ricorda. Pertanto, ringraziare è anche una questione di memoria. Per questo il Papa parla spesso di «memoria grata».
La disposizione a ringraziare per quello che ci infastidisce, per quanto stupefacente possa apparire, in realtà aiuta a ricordarsi di rendere grazie a Dio per le cose gradevoli. Del resto, la vita di ogni giorno ci offre molte occasioni per fare memoria: fermarsi un istante a benedire la tavola, a ringraziare perché Dio ci dà qualcosa da mettere in bocca; dedicare un certo tempo del ringraziamento della Messa o della nostra orazione personale per ringraziarlo per le cose ordinarie della vita, per scoprire ciò che hanno di straordinario: un lavoro, un tetto, persone che ci amano; essere grati per le gioie degli altri; vedere un dono di Dio, e un altro, e un altro ancora, nelle persone che ci prestano un servizio... Ci sono anche dei momenti in cui la vita ci viene incontro con un briciolo di bellezza: le luci di un tramonto, un’attenzione inattesa verso di noi, una sorpresa gradita... Sono occasioni per constatare, tra il grigiore della vita quotidiana, il colore dell’Amore di Dio.
Dalla più profonda antichità, le culture del mondo hanno visto nell’avanzamento del giorno verso la notte una immagine della vita. La vita è come una giornata e una giornata è come la vita. Per questo, se il ringraziamento è una caratteristica della sapienza di chi ha vissuto molto, com’è bello concludere la giornata ringraziando. Quando ci fermiamo alla presenza di Dio per esaminare la giornata, Dio gradirà che gli siamo grati per tante cose «etiam ignotis»: anche per quelle che non conosciamo; e gli chiederemo perdono, con una fiducia di figli, anche per non aver ringraziato a sufficienza.
Il Beato Alberto Marvelli
FACEVA TUTTO PER GESÙ
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Il Rosario si pone nella migliore e più collaudata tradizione della contemplazione cristiana. (San Giovanni Paolo II)