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Una LUCE rifulse

di Sr. M. Paola Lanzilotti icms

Nel mezzo del cammino di Avvento, tra le feste dell’Immacolata Concezione e il Natale del Signore, troviamo un’altra ricorrenza particolarmente sentita dalla tradizione popolare: è la memoria di Santa Lucia, vergine e martire del primo secolo del cristianesimo.

Di lei sappiamo che era una ragazza siciliana uccisa per il fatto di essere cristiana, durante la persecuzione di Diocleziano. Avrebbe potuto, Lucia, rinnegare Cristo, mettere a tacere il desiderio che aveva nel cuore di consacrarsi a Lui, sposare il giovane pagano che, vedendosi rifiutato, l’aveva denunciata alle autorità... e così aver salva la vita.

Ma non lo fece. Come non lo fanno ancora oggi tanti cristiani, perseguitati in varie parti del mondo, dei quali purtroppo non si parla, ma il cui esempio brilla davanti agli occhi di chi li ha conosciuti, e il cui sacrificio bagna e feconda la Chiesa.

Pochi forse sanno che la parola MARTIRE significa TESTIMONE e un testimone illumina sempre, a volte anche a sua insaputa. Proprio come fece Lucia, una semplice fanciulla, forte e coraggiosa nella fede, il cui nome è giunto fino a noi entrando anche nel Canone Romano.

Lucia ha illuminato, proprio come dice il significato del suo nome: “luminosa”.

Ma non era lei la Luce.

La notte di Natale, nella S. Messa, ascolteremo il profeta Isaia che ci dirà che il popolo che abitava nelle tenebre ha visto una grande luce (cfr Is 9,1-6); questa luce era Cristo Signore.

Chi conosce Cristo e si innamora di Lui diventa a sua volte luce, ma non brilla di luce propria; come la luna riflette la luce del sole, così i santi riflettono l’irresistibile luce del Signore Gesù.

E questa è la vocazione di ciascun cristiano, nessuno escluso.

Essere luce, per riflesso.

Anche oggi c’è un popolo che vive nelle tenebre fitte; che brancola nel buio delle confusioni e delle menzogne; manca la luce a illuminare, fare chiarezza, scaldare... manca il fuoco dell’Amore, e questa è la più grande povertà che il mondo possa sperimentare.

Si, perché la luce è conseguenza di una combustione, di qualcosa che prima si lascia accendere e poi bruciare. Così fu per S. Lucia.

“Accesa” dal contatto con Gesù e corrispondendo a questo Amore, divenne luce a sua volta.

La domanda che vogliamo porci, infine, non è quanto vogliamo “essere luce”, ma quanto siamo disposti a lasciarci bruciare, ossia quanto siamo disposti a rischiare, a esporci per testimoniare Colui che per noi non esitò un solo momento a lasciarsi consumare, una vita intera, dall’amore che aveva per il Padre e per ogni uomo. Siamo salvi grazie al Suo sacrificio.

Come dice San Giovanni nel suo prologo: “Veniva al mondo la luce vera, quella che illumina ogni uomo... eppure il mondo non lo ha riconosciuto” (cfr Gv 1,1-18 ).

Non ci importi quindi di essere riconosciuti.

Preoccupiamoci piuttosto di “bruciare” e “illuminare” con l’autenticità della nostra vita.

 

 

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