Pillole di SpiritualiTà
La tua preghiera è un discorso con Dio; quando leggi, Dio parla con te; quando preghi, tu parli con Dio. (Sant'Agostino)
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Chi crede nel Figlio ha la vita eterna; e io lo risusciterò nell'ultimo giorno
Vangelo
+ Dal Vangelo secondo Giovanni (Gv 6,37-40)
In quel tempo, Gesù disse alla folla:
«Tutto ciò che il Padre mi dà, verrà a me: colui che viene a me, io non lo caccerò fuori, perché sono disceso dal cielo non per fare la mia volontà, ma la volontà di colui che mi ha mandato.
E questa è la volontà di colui che mi ha mandato: che io non perda nulla di quanto egli mi ha dato, ma che lo risusciti nell'ultimo giorno. Questa infatti è la volontà del Padre mio: che chiunque vede il Figlio e crede in lui abbia la vita eterna; e io lo risusciterò nell'ultimo giorno».
Spunti di riflessione
Dopo la solennità di Tutti i Santi, oggi, 2 novembre, celebriamo i “Santi del Purgatorio”.
I primi li veneriamo, ci affidiamo alla loro custodia, alla loro protezione nel cammino della vita, ci sentiamo incoraggiati dal loro esempio, che ci fa scuola.
Le anime che si trovano nel Purgatorio, invece, da una parte possiamo aiutarle, con la nostra preghiera, alleviando le loro sofferenze (possiamo anche regalare loro l’indulgenza plenaria – in questo ottavario, ad esempio, oppure con l’indulgenza giubilare – perché Dio possa portare a compimento la loro purificazione); dall’altra sono loro stesse ad essere vicine a noi, con la loro preghiera e la loro intercessione presso Dio.
Ci accorgiamo, allora, che quello di oggi non è un giorno di mestizia o di ricordo nostalgico, ma apre un vero e proprio orizzonte di speranza, è una occasione per noi per riflettere sul senso della vita, sul nostro vivere in rapporto all’eternità. Sì, perché l’eternità si prepara con la vita di ogni giorno, con la fedeltà e l’intensità con cui viviamo le circostanze, il nostro dovere, le nostre relazioni. Il rapporto con Dio, che siamo chiamati a vivere in eterno, comincia ora, facendo esperienza di Dio, imparando a conoscerlo, a cogliere la sua presenza in ogni momento, a percepire la sua voce, per poter continuare a farlo nell’eternità. Siamo chiamati a essere santi, a essere esperti delle cose di Dio, perché le facciamo nostre momento per momento. La nostra vita è eterna; si consuma e si definisce nelle scelte e negli avvenimenti del tempo presente.
Gesù non ci abbandona: fa di tutto per non perderci, per conquistarci; ci cerca continuamene e gioisce se noi lo cerchiamo. Questa è la volontà del Padre: che Lui non perda nessuno di noi. Vuole la salvezza di ogni uomo.
In fondo, il nostro compito principale è non porre ostacolo al lavoro di Dio, non fare resistenza al suo amore, non impedirgli, con la nostra libertà usata male, di realizzare in noi la sua bellezza.
Diceva Romano Guardini, commentando questo Vangelo: “Qui noi abbiamo notizia su Dio, l’Uno, in cui v’è però santa comunione. Sentiamo di un Padre e di un Figlio, e di un dialogo nell’eternità, il cui oggetto siamo noi uomini. Di noi il Padre ha parlato con il Figlio. L’ha mandato nel mondo e ce “lo ha consegnato” […]. Ma il santo mandato ha questo tenore: che il Figlio conservi quanti gli sono stati affidati, faccia nascere in loro vita eterna, e li risvegli un giorno, quello del Giudizio, alla pienezza di questa vita. Questo dialogo è la nostra sede eterna; la nostra radice e sicurezza nell’esistenza finita, l’origine del nostro destino eterno.
[…] noi “crediamo contro [ogni] speranza nella speranza (Rm 4,18). Noi speriamo di essere entro il suo amore, e vi ci atteniamo fermamente”.
Sono parole che ci incoraggiano al bene, ci mostrano il grande valore che ognuno di noi ha per il Cuore di Dio: siamo oggetto del dialogo tra Padre e Figlio. Questo ci dà sicurezza, ci assicura che non siamo soli e ci fa desiderare di diventare quello che siamo chiamati a essere.
Aver fede significa credere che Dio vede e vuole il mio bene, più di quello che io non veda e voglia di me.
Allora, noi, che siamo sempre alla ricerca di “qualcosa di più”: qualcosa di più bello, più gratificante, più conveniente; che cerchiamo di essere amati, di amare, di sapere, di potere … non ci accorgiamo che, in realtà, non siamo altro che ricercatori di Dio, perché quel desiderio di infinito che abbiamo nel cuore lo ha posto Dio stesso, per poterci salvare, per non perderci. La ricerca, infatti, termina con la morte, in cui avviene l’incontro definitivo con Dio: allora ci sarà la partecipazione, nell’anima e nel corpo, della vita di Cristo risorto. Questa speranza illumina in modo completamente unico la vita terrena.
Volgiamo lo sguardo a Maria Santissima, che ci indica la via da percorrere in questa vita per giungere alla meta eterna, animati da un autentico desiderio di cielo. Diceva Papa Leone:
“Maria, che Cristo risorto ha portato con sé nella gloria in corpo e anima, risplende come icona di speranza per i suoi figli pellegrini nella storia.
[…] Il pellegrino ha bisogno della meta che orienti il suo viaggio: una meta bella, attraente, che guidi i suoi passi e lo rianimi quando è stanco, che ravvivi sempre nel suo cuore il desiderio e la speranza. Nel cammino dell’esistenza questa meta è Dio, Amore infinito ed eterno, pienezza di vita, di pace, di gioia, di ogni bene. Il cuore umano è attratto da tale bellezza e non è felice finché non la trova […]
Tutta la vita di Maria è stata un pellegrinaggio di speranza insieme al Figlio di Dio e suo, un pellegrinaggio che, attraverso la Croce e la Risurrezione, l’ha fatta giungere in patria, nell’abbraccio di Dio.
Per questo, mentre siamo in cammino, come singoli, come famiglia, in comunità, specialmente quando vengono le nubi e la strada si fa incerta e difficile, alziamo lo sguardo, guardiamo a lei, la nostra Madre, e ritroveremo la speranza che non delude (cfr Rm 5,5)”. (Papa Leone XIV - 15.08.25)
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